Tale tripudio, sperato, era che faceva battere la porta dell’ amico, che attendeva al focolare col vino intiepidito nella “ bucalita ", col dolce di prammatica, il parpagnaco, per il Natale i giuochi e le frittelle, le freite, col vino di rosa, per l’Epifania il canto dei Tre Re, la stella dei Magi d’ Oriente e le derivanti truccature, per Carnevale, i sanguinacci pieni d’ aroma (mula orba) ed i crostoli mettevano in visibilio le donnine. Anche nell’epoca delle travase non si trascuravano gli inviti : la baccalada è una dolce consuetudine viva ancora per gli uomini, è un cibo tradizionale che non si rinuncia così facilmente nell’occasione del travaso del vino, la cantata e la strimpellata di violino sono indispensabili. Prima dell’ invito a nozze, il capo di casa, doveva poi stillarsi bene il cervello per non incorrere in qualche mancanza, egli doveva ben sindacare il grado di parentela negli inviti (almanco oun per famia), per non rompere per sempre il legame. Anche i pubblici ritrovi non mancavano in qualche sala. Il poeta estemporaneo o il giocoliere radunava il popolo di Dignano in modesti ambienti abbelliti però della concordia paesana. Di tali ricordi ne avevamo del “Fontego“ che più non esiste, demolito nel 1909, nella cui sala dei cittadini egregi recitavano (Bassi, Volpi, Crevato, Licini) ogni settimana drammi e commedie ed il popolo vi accorreva volonteroso. Nel 1859 dai paesetti limitrofi accorreva la gente nel Fontego ad imparare a conoscere le produzioni del genio dell’Alfieri, a sentire le migliori delle sue tragedie, come il “ Saul “. Dopo il Fontego, la sala “ dalla Zonca " servì per molti anni ai dignanesi (fino al 1908) per ogni genere di trattenimenti, per sede del nucleo filarmonico, del Circolo popolare di coltura, per feste, per adunanze politiche, secrete e pubbliche. Là qualche compagnia 69