- 104 — 85 Alla miniera un anno e due mesi lavorai tra uomini la cui vita nulla aveva di umano appena all’alba appariva il sole giù scendevamo nel buio sotterra e quando la sera spariva risalivamo nella notte oscura sentivamo così che disponeva di noi a piacere una [ignota persona muti si lavorava come le bestie e figliuoli nel libero tempo facevamo per pura noia fondammo così un intero villaggio con i nostri parenti e con i frequenti nostri gemelli venivan tra noi signori talvolta e spartivano attorno denaro ma pure non erano questi i giorni nostri più belli stordirci amavamo fumando forte tabacco ed un piacere per noi era ascoltare le fiabe di Gianni Filipovics capo operaio era il vecchio un orso cupo dai baffi grigi il padrino dei nostri fanciulli egli dava anche l’addio ai nostri morti orridamente scarni e smunti in nera camicia ed in neri calzoni di pelle di diavolo stavo lì presso di lui ma non sapevano le lagrime mie sgorgare donde venni che incallito così è l’animo mio sei qui straniero te anche una sera dissi a me stesso e dei miei sogni sul monte salii ergentesi al cielo ecco due naufraghi lupi di mare su tra le nubi andavano errando che con loro venissi chiamandomi la nave a cercare partita con carico d’oro dal-l’India e che abbandonata giace nel fondo del mare erano giovani i due marinai e nastri celesti al vento spiegavano sui loro berretti e delle madri dilette impresso sul braccio portavano il cuore