Si fece festa nel maggio 1860 quando furono viste le pesanti mole muoversi e macinare il grano, senza aver bisogno di portarsi con i carri e con gli animali nella lontana Rovigno per ogni bisogno di macinatura. Il nuovo molino segnò il tracollo dei “ Pristèini “ ossia dei molini azionati dai cavalli per mezzo di stridenti congegni di legno ; umiliò le povere “ zerne “ macine a mano, che ancora si vedono relegate in qualche cantina, custodite dalle vecchie di casa, come reliquia dei tempi passati.
    Anche i “pristèini“ durarono ancora fino al 1870, ma poi con la comparsa di un nuovo molino a vapore, più poderoso e più perfezionato, nella località Paderna, diretto dall’industriale Giuseppe Zerbo, ogni meccanismo primitivo sparì. Successivamente la ditta Ferro e Manzini continuò 1’ opera industriale dello Zerbo con macchine più moderne e scomparvero del tutto i rustici ordigni dei nostri avi.
    Fin dopo la redenzione le diciture dei nomi delle vie erano espressioni di carattere paesano, veneto, istriano, ora questi vennero sostituiti con nomi e fatti ricordanti T epoca presente.
    Le vie principali accedono nelle secondarie mediante volti o portici che mettono nei vicoli interni o nelle androne (campielli), ove le case sono addossate le une alle altre e alcune purtroppo, quasi prive di luce e di aria, come i vecchi quartieri di tutte le città venete che mal si trovano adagiate lontane dal patrio campanile.
     Sulle vie principali, nei vicoli, nei “ limidi “ e nei campielli ferve la vita dei popolani : la mattina la preparazione dei lavori agresti, la sera per riversarsi nuovamente in paese, reduci dai campi, con gli asinelli, i buoi e i loro rustici attrezzi.
    Nei pomeriggi delle belle giornate, le donne stanno chiaccherando e lavorando all’ aria, spesso malignando sui vicini e sui passanti, la sera d’estate tutti i marcia-
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