ma erano semplici o raddoppiati e quindi ritorti. L’ordito, poi avvolto nel subbio, constava di due parti, con fili pari, e ognuna, per accogliere la trama, veniva mossa da due calcole. L’ ordito talvolta era disposto anche ad intreccio, era mosso quindi da quattro calcole o più, movimento questo combinato per dare al tessuto la forma spinata o a spiga. Il manufatto ottenuto coll’ intreccio di due calcole si chiamava gurgan, mentre 1’ altra tessitura avuta dal lavoro regolato da quattro calcole si chiamava greiso, con la denominazione greiso si intendeva qualunque stoffa di lana non tinta, di color naturale bigio, che per maggiore eleganza veniva tinta in nero o in bruno, dopo essere stata lumàda ossia dopo immersa in un bagno d’ acqua e allume. Anche la materia colorante si preparava in casa senza soverchie combinazioni chimiche : el tigno ruso, el tàvaro (campeggio) e il vetriolo verde erano gli ingredienti specifici con i quali si facevano bollire assieme foglie di arbo (frassino) e di cuchèra (noce) per rendere più lucida la stoffa tinta 2). Con il greiso o stoffa da visteidi si preparava il camisulein, panciotto, il curito, giacca, le braghe, forti calzoni da lavoro ; era un panno più ordinario. II tessuto gurgan, che era di filatura più fine, serviva ai medesimi usi del greiso, però i drappi confezionati col gurgan venivano indossati più nella stagione calda. Col gurgan si confezionavano poi sempre le gonne (le soche), quelle gonne di lana oscura fittamente increspate alla cintola, sfaldate o orlate in rosso che indossarono dopo anni le nostre donne nella circostanza delle adunate dei costumi nazionali in Venezia e che per sobrietà, bellezza e fusione di tinte vennero tanto apprezzate da quanti assistettero a quella festa di vita e di colore che si svolse in Piazza San Marco e ai Giardini. Il gurgan però si tingeva anche in rosso e in verde 264