polo dignanese negli oscuri anni dell’ antichità come nel tempo fulgido del progresso presente. Le pratiche in uso nella nostra campagna, come in generale presso le classi rurali ed artigiane di tutti i paesi della regione, destano sempre interesse all’ osservatore, perchè rivelano da un lato il concetto che si fa il popolo della malattia e delle sue cause, dall’ altro canto perchè rivela ancora la persistenza di riti e di credenze magiche (siano pur velate o modificate dal cristianesimo) che risalgono ad un lontanissimo passato, sempre nostro. La maggior parte delle malattie non sono dovute, secondo il criterio del popolo, a cause patologiche o teratologiche, ma bénsì a cause magiche. Fra queste hanno grande importanza il maleficio, 1’ incantesimo, la stregoneria potente, gli spiriti maligni con cui si crede possibile sempre di avere in aiuto le potenze infernali evocate. Una prova di questa osservazione sta nel fatto che tante persone ammalate affette da risipola, da infiammazione alla milza, da orecchioni, da male di denti, comunissimi morbi, le quali si suppongono stregate, vengono curate nel complesso con gli stessi metodi e dalle medesime persone (da quii che signa, dai stri-goin ecc.) che ravvolte in una certa nebulosità godono fra il popolo una superiorità rubata, propria dei nebulosi. Ogni uso che tenta a prevenire il male, tutti i metodi curativi, nonché gli esorcismi valgono sempre anche per gli animali e sono tenuti in considerazione tale da far scapitare la scienza tutta con lo specialista oculato e scrupoloso. Le leggi non si opponevano mai a queste pratiche, gli statuti cittadini rigorosi nel colpire con severissime pene, trasgressioni meschine, non si curavano di certe pratiche andando così di pari passo con la fantasia del popolo sbrigliata quanto mai. 243