dia ed il valore melodico. Tale appunto apparisce, p. e. nell’ amonizzazione fattane dall’esimio Maestro Smareglia,. nelle sue celebri “ Nozze Istriane “, nelle quali l’antica “ villotta “ dignanese è appena riconoscibile e ne sembra una reminiscenza. Noi nella trascrizione musicale, ci siamo tenuti alla sua primitiva melodia, sacrificando un poco il ritmo artistico alla originalità della vecchia “ villotta “. * * * Adunque i giovanotti nelle sere dei sabati di maggio si raccoglievano in campagna nei tuguri e là si concertavano sul modo migliore di festeggiare la propria sposa. Tutti si aiutavano a vicenda. Tagliavano rami di mandorli ricchi di foglie e frutti, arbusti di uva spina ; li ornavano con nastrini, fiori e fazzoletti di raso e durante la notte del sabato ponevano questi alberetti sotto le finestre delle sposine : era il dono di maggio, ossia “ al majo“. Al dono seguiva il canto, un’invocazione d’amore, uno sfogo di sereno lirismo, ed il violino spandeva le sue acute nella tranquillità della notte. Nelle strofe una voce di tenore ripeteva il nome dell’ amoroso donatore. “ La serenata chi ve la fa fare ? Ve la fa far quel zuvineto belo; Non ve lo poso dir nè minsonare : Nel vostro cor ve lo podè pensare, E per no farve star in fantasia Ambroso bel racomandà vi sia ". La donzella, celata dietro le bifore socchiuse, tutto vedeva e sentiva. Il mese dei fiori dava adito a queste belle usanze ! Il maggio pur talvolta era atroce : invece di doni portava lo scherzo, lo scherno o la vendetta se la ra- 155