non canterei la patria ma il feretro che serra la virtù, che 1’ odio mena, Baccante spudorata in danza oscena, sconcia di biacca e il pugnai di dietro, e i fraterni conflitti, e 1’ empia arcigna gioia di uno stranier che nell’ agguato sembra che il rider 1’ epa gli contorca !... Ridi tu, ciel, sulla fronzuta vigna, ridi, candida Cinzia, in ciel stellato, che sulla patria mia ride la forca !... Questi versi pieni di fede d’ irredento mi giunsero da Graz perche li avessi a spedire con più sicurezza a “ La Scolta “, datati da Dignano (1887). E’ ovvio dire, i sonetti furono sequestrati perciò non letti che da pochi amici prima della pubblicazione, ed ora questa azione che accentua il sentimento del Boc-calari, dei dignanesi e degli istriani è bene registrarla, chiamarla in vita a nostro conforto e in memoria dell’amico estinto, dopo 50 anni di dimenticanza (1-9-1887). Si addolorò per il sequestro dei suoi sonetti, ordinato dalla Procura di Stato, e diede nuovamente libero sfogo al suo estro di poeta in altri quattordici versi per punzecchiare il vecchietto della censura : Stallone ignobil dell’ umana razza, io non posso cantar che nella strozza sento un nodo scorsoio che mi mozza ogni sciocchezza che il mio cor strombazza. C’ è là pronto il vecchietto che mi sgozza se faccio il cascamorto alla ragazza, se vo cianciando quel che fa la piazza, ei mi mandano al diavolo in carrozza, Se inneggio al sole, casca la saetta, se alla mestizia, crepan dalle risa ; se canto 1’ allegria, torna la noia. Ma è questa una vitaccia maledetta ?... Ma se devo cantar in questa guisa, spacco la cetra e vado a fare il boia ! Tale il poeta Antonio Boccalari, ricordato a Di- 133