* LXIII * mandate dal Generale giunsero in Cipri, e si fermarono fuo- 1474 ri del porro di Famagosta alli scogli. Quivi Coriolano insieme col suo compagno avendo inteso il successo delle cose , deliberò di dissimulare a tempo : e tuttavia per confermare gli animi de’buoni e spaventare quelli de’scellerati , deliberò con qualche verisimile cagione di avvisar la Regina che il Proveditore veniva con otto galee, e che il Generale poco appresso coll’ altra armata era per venire . Andato adunque alla Regina, le disse che era stato mandato dal Generale ad avvisarla, che avendo egli inteso che il Solda-no del Cairo avea promesso di dar il regno a Carlotta sorella del Re; egli avea mandato innanzi il Proveditore So-ranzo con dieci galee, e eh’ egli tosto con tutto il resto dell’armata sarebbe appresso venuto , per dimostrare a ciascheduno che il Senato Veneziano ed il Generale volevano difender contra di ognuno essa Regina e il regno . Per questo avviso la Regina cogli altri buoni alquanto si recreò; e i congiurati cominciarono a temere di loro stessi. Il quarto giorno dappoi giunse il Proveditore Soranzo con otto galee, e si fermò fuori del porto, senza venire alla città. Due de’ congiurati avendo avuto salvocondotto, se ne vennero a trovar il Proveditore , e accusarono 1’ avarizia di Andrea Cor-naro, sforzandosi di mettersi presso di lui in buona considerazione, e dargli ad intendere eh’essi fussero innocenti. Il Proveditore benché vedesse che le parole non corrispondevano a’fatti; nondimeno deliberò di tentare, se poteva con la persuasione ridurli a conoscere il loro errore. Rispose loro adunque che la morte di Andrea Cornaro era ingiuria privata , e non pubblica; e che quando essi avessero voluto esser fedeli verso il loro Re, egli poteva assicurarli che il