* LXXXIII * ciocche Ja fama del suo valore già era corsa per ogni 1474 luogo. Il Bassà accorgendosi che non poteva prender Scuta-ri per forza, e non osando tener l’assedio più lungo tempo; perchè avea inteso che i Veneziani facevano grande apparecchio contro di lui ; fece romper le artiglierie in pezzi , per potersi portare il metallo sopra i cameli. Era un castelletto sei miglia lontano da Scutari nominato Dagno , il quale quando vennero i Turchi, perciocché egli era poco forte , fu abbruciato da’ nostri e abbandonato . Il Bassà per mostrare di aver fatto qualche cosa, fece rovinare fino dalle fondamenta le sue mura. Fatto questo , si partì dall’assedio; e licenziato Tesercitoy egli ritornò in Macedonia . In questo assedio i terrazzani aveano patito molto di sete e per bisogno d’acqua erano stati molto angustiati. Imperciocché erano morti di sete fra fanciulli, vecchi , e donne della gente inutile più di due mille persone : nè fu alcun di loro che vedendosi dinanzi agli occhi mancar le mogli e i figliuoli, volgesse il pensiero a rendersi : e se non veniva levato l’assedio, perchè già nella terra non v’ era più acqua di quella che potesse bastar per tre giorni, dandone un poco per ciascheduno; erano tutti deliberati di uscir insieme armati con impeto, e combattendo coglTinimici per vendicarsi del loro sangue, virilmente morire* Levato adunque l’assedio, corsero tutti al fiume, e dell’ acqua, già da tanto tempo desiderata, si saziarono : ma molti empiutisi di essa, furono soprappresi da stupidezza e tremore di membra, e subito caddero morti. Il Generale avendo inteso della partita degl’inimici, e non facendogli alcun giovamento nè i medici, nè le medicine di Ragusi; ammalato gravemente venne a Venezia. Pochi giorni dappoi Tria- L 2 dano