* LXXX * 1474 adunque in ordinanza l’esercito e distribuite le schiere , innanzi il far del giorno circondò il monte da per tutto con gran moltitudine di gente, e andò verso la città. Fra questo mezzo la gente di essa si aveva preparato ad allontanare il nimico. Erano nella terra molte ceste di vinchi con bovina ismaltati, nelle quali i terrazzani erano usati di conservare il frumento. Queste empirono di pece, di rami di pino selvatico, di stoppa, e di solfore, per accenderle poi, e gettarle contra gl’inimici. Sopra i ripari posero all’intorno grandissimi sassi. Le artiglierie che erano maggiori empirono di minuta scaglia, acciocché sparsa dalla furia del fuoco in molte parti potesse ferire maggior numero di nimici. Apparecchiate queste cose, i terrazzani con le artiglierie e archibugi e sassi a bello studio taciti stavano all’ordine, aspettando che l’inimico venisse sotto i ripari. I Turchi con molte grida cinsero come in corona la città, e sì affaticarono di entrar dentro per le rovine delle muraglie. Allora i terrazzani arditamente si misero a gettar dardi contro i Turchi : ad alcuni svelsero di mano gli uncini e le mani di ferro: gettarono contro loro le ceste di vimini accese, le quali massimamente recarono ad essi inevitabile rovina ; perciocché essendo il monte pieno tutto di nimici , e le ceste rotonde da alto a basso del monte andandosi rotolando, abbruciavano ognuno che incontravano. Appresso gettavano sassi di meravigliosa grandezza, i quali spesso cadendo sopra le pietre di sotto, prendevano maggior impeto per lo rimbalzo del monte, e rompevano e discioglievano le squadre de’Turchi. La scaglia ancora posta nell’artiglierie non uno o due, ma molti insieme uccideva. I Turchi all’incontro pieni di sdegno sopra i mucchi