* XLVI * fede al suo Signore. L’Ammiraglio avuta la risposta, ritornò al Generale; al quale riferì che la terra era fortissima, per natura, e che non avea potuto persuadere il Capitano a rendersi : onde se voleva prender la terra, era bisogno-di forze, non di parole. Il Generale intesa la deliberazio* ne di Esibei, ordinò all’Ammiraglio che si preparasse all* espugnazione ; il quale con ogni diligenza attese a quella che gli avea comandato,. e senza indugio fece preparare il luogo per gli alloggiamenti, e le strade da condurre le artiglierie^ Esibei , che dal castello vedeva quel che si preparava contro di lui, temendo non poter poi impetrar mercede, se avesse lasciato proceder le cose più oltre, mandò uno de’suoi al Generale con queste parole: Invitto Signor Generale: Poiché si ha esperienza, per quello che avete usato verso degli altri, della vostra clemenza ; io vi rendo il castello, e voglio piuttosto esperimentare la fede vostra, che quella del Caramano. Mandate adunque chi più vi piace de’vostri a ricevere in dedizione il castello. Il Generale laudata l’opinione del Capitano, mandò Vettor Soranzo Proveditore a fare questo uffizio : il quale senza indugio andò al castello, e avutolo, consegnollo al Caramano, che allora si trovava al campo . Il Caramano poi, a. persuasione del Proveditore, condusse a’suoi stipendii Esibei . Or veduto il Caramano. che per opera e per valore del nostro Generale avea il suo regno ricuperato; mandò a donargli un cavallo guarnito con sella e bardatura fornite d’argento y e un pardo mansueto , per lo prospero successo della sua impresa; ringraziandolo appresso che senza eh’ egli avesse meritato tanto con alcuna opra , lo avesse colle sue forze e col suo valore nel proprio regno restituito .. Mentre