99 le opere di Marco Vovciok (1), il signor—bov dice quasi apertamente che egli considera l’arte quasi come nulla, uno zero, e dice precisamente così perchè non sa comprendere a che cosa essa serva. Analizzando un racconto di Marco Vovciok il signor—bov riconosce apertamente che l’autore l’ha scritto senza arte, e subito dopo soggiunge che egli ha raggiunto pienamente lo scopo prefissosi col suo racconto, quello cioè di dimostrare che il fatto raccontato esiste nel popolo russo. Intanto questo fatto (importantissimo) non solo non è dimostrato nel racconto, ma rimane addirittura N dubbio, appunto perchè, data la mancanza d’arte nell’autore, i personaggi da lui rappresentati per dimostrare la sua idea principale, hanno perduto sotto la sua penna ogni significato russo, e il lettore sarebbe propenso a ritenerli piuttosto scozzesi, italiani, nord-americani, tutto, meno che russi. Come potrebbero essi in questo caso, con la propria esistenza, dimostrare, che il tale e tale fatto è proprio del popolo russo, quando essi, i personaggi, non hanno nulla che li faccia prender per russi? Ma ciò non ha alcuna importanza per il sig. — bov: per lui è sufficiente che si veda l’idea, lo scopo, anche se tutti i fili e le molle saltano fuori; a che serve l’arte dopo di ciò? E perchè, alla fine, scrivere dei racconti ? Basterebbe scrivere (1) Marco Vovciok, pseudonimo di Maria Màrkovic, scrittrice di relativa importanza, che ebbe una certa fama, per le sue novelle sentimentali, di carattere piccolo e grande russo. Il suo sentimentalismo di maniera non poteva sopravvivere alla generazione da cui era derivato. L’analisi che ne fa Dostojevskij nel suo articolo è abbastanza eloquente. N. d. T.