285 teratura, e vi si riflettono anche adesso. Ma, le abbiamo forse accettate servilmente? non le abbiamo forse vissute nel nostro corso vitale, non abbiamo forse elaborato la nostra propria concezione russa su questi fenomeni esotici, non ci siamo forse convinti, non abbiamo sentito con la vita stessa che l’umanità universale è forse la più importante e la più sacra caratteristica del nostro spirito popolare ? Che forse infine non abbiamo noi avuto coscienza di questo spirito popolare, non abbiamo avuto coscienza della necessità del terreno patrio e del ritorno ad esso ? Ak-sakov dice che tutti i tentativi di ritornare allo spirito popolare non hanno avuto fortuna nella nostra letteratura. Il ritratto che del mercante fa Ostrovskij — dice egli — è simile all’originale, simile è altresì la sua lingua; egli dice: « dol2on », e non » dolzen » (1). E mai possibile che C. Aksa-kov in Ostrovskij abbia osservato soltanto il suo modo di pronunciare? Dal senso e dal tono risulta così. No, noi non crederemo ad Aksakov: egli fìnge. Capita, dunque, qualche volta anche all’uomo più serio un capriccio inspiegabile, un certo bisogno di prendere una posa spavalda, di mettersi all'occhio un pezzetto di vetro e di dare uno sguardo all’ universo, sia pure soltanto così, come si guarda qualche volta l’universo, alle quattro pomeridiane sul « Nevskij Prospekt »... E che credete? che cosa chiede Aksakov: «dov’è, (1) « Dolzen * = deve. Il senso è chiaro, anche senza la traduzione, che, letterale, non direbbe nulla.