92 era non dell’arte ma del poeta, che aveva abusato dell’ arte in un momento, in cui c’ era da pensare a ben altro. Egli cantava e ballava vicino alla bara del morto.... Certo questo era male e straordinariamente stupido da parte sua; ma, ripeto, la colpa era sua, non dell’ arte. In una parola, gli utilitaristi esigono dall’ arte una utilità diretta ed immediata, che si adatti alle circostanze, che si sottometta ad esse, e vi si sottometta a tal punto, che, se la società è occupata nella soluzione per esempio di qualche questione, l’arte (secondo la tesi degli utilitaristi) non può porsi altro scopo, che la soluzione di questa stessa questione. Se noi analizziamo questa considerazione sull’utilità, non come una intimazione, ma soltanto come un desiderio, essa, secondo noi, può essere anche degna di lode, ad onta che noi stessi sappiamo che non è del tutto giusta. Se, per esempio, tutta la società fosse preoccupata della soluzione di qualche importantissima questione interna, sarebbe certo un bene desiderare che tutte le sue forze si armonizzassero per il raggiungimento della mèta comune, e. in conseguenza, che anche l’arte si penetrasse di essa e servisse al bene generale. Ammettiamo che una qualsiasi società sia sull’ orlo della rovina : tutto ciò che in essa ha intelligenza, anima, cuore, volontà, tutto ciò che l’uomo e il cittadino riconoscono in se stessi, tutto è preso da una questione sola, da una causa comune. È mai possibile che soltanto fra i poeti e i letterati non ci debba essere nè intelligenza