117 insolente I La nostra padrona aveva fama di buona e pietosa, e pure come perseguitava Mascia 1 “ Aspettate — ci minacciava ella qualche volta — vi darò io a tutti una lezione! ». Sebbene ella non punisse ancora, con delle minaccie simili il tempo non passava allegramente. « E in Mascia la ripugnanza a lavorare per i padroni divenne addirittura furiosa, la spinse ad un incosciente, pazzo eroismo. Una volta il fratello la rimproverò, perchè trovava la scusa della malattia per non lavorare, e poi nei balli e nei giuochi era la migliore di tutti in paese. « Forse credi, disse egli, che la padrona non verrà a saperlo? Non sta bene che tu faccia scontare su di noi la collera della padrona ». Da allora Mascia cessò di uscire. Ella s’annoia, guarda malinconicamente dalla finestra i giuochi delle compagne. Una lacrima le scorre giù per la guancia, ma non essa esce dalla capanna. La zia tentò di mandarla dalle compagne, il fratello cominciò a pregarla di smettere di tenergli il broncio per il suo rimprovero : « Io, dice, Fedia, non sono arrabbiata, ma è inutile che tu cerchi di persuadermi, non uscirò ». Così non usciva e la notte non dormiva, soltanto girava sola soletta nell’orto senza dirlo a nessuno ; soltanto una volta la zia la sorprese... » Dio sia con te, Mascia, le disse la zia. Perchè non vivi come tutti gli altri? Compi il lavoro che ti spetta, e non avrai niente da temere. Invece giri di notte, e di giorno non osi farti vedere fuori del cancello ! ».