- 22 - IL CAVALIERE SMARRITO S’ode d’antico cavaliere smarrito il cieco ed incerto trottare, di morti boschi e di antichi canneti sobbalzan le anime schiave. Dove s’addensan qua e là in macchie gli sterpi dei boschi già folti ed antichi, improvvisi risorgono adesso gli spettri di fiabe invernali. Ed ecco il folto, la macchia, ecco l’antica tetra canzone, che dal tempo degli avi tristi ed eroici nella sorda nebbia sta rannicchiata. Così spettrale è da noi l’autunno; anche gli uomini vanno scemando, e per il piano recinto da colli passeggia, col manto gibboso di nebbia, novembre. E di canneti all’improvviso e di boschi si riveste il piano quasi brullo, nella nebbia celando dei secoli passati il funebre fosco presente. Tutto sanguina, è tutto mistero, tutto oppressione, ed avi soltanto, boschi soltanto e canneti, e gente pazza dei tempi passati. Per novello intricato cammino s’apre antico, smarrito viandante il varco, ma luce non v’è, nè fiamma risplende e di villaggi traccia nessuna. Dormono i villaggi tacitamente, sognano il passato, rabbrividendo, ed irrompe dalla macchia nebbiosa un bisonte, un lupo, un orso furente. S’ode d’antico cavaliere smarrito il cieco ed incerto trottare, di morti boschi e di antichi canneti sobbalzan le anime schiave.