Alle numerose costruzioni di questi due ultimi anni parecchie altre se ne vanno aggiungendo, così che anche Durazzo, come Tirana, andrà migliorando — secondo l’espressione e la volontà di Re Zog — ogni anno più. L’appoggio dell’Italia, la tranquillità, la cessazione delle quindicinali rivoluzioni, hanno ridato la pace e la sicurezza a questo popolo, per troppi secoli abbrutito dalla dominazione turca. E l’Albanese, senza preoccuparsi oramai di altre calamità, non chiede di meglio che di progredire e di fare. Ne sono indice l’allargata cultura generale, l’affluenza alle scuole, il lento, ma sicuro progredire dei traffici e dei commerci e di qualche industria seppure ancora allo stato primordiale. Durazzo, tra qualche anno, dotata di un porto capace e munito di tutti i moderni requisiti, cui farà capo il commercio di buona parte dei Balcani e di un importante hinterland, bonificata dalle sue paludi, mo- La stazione Decauville del cantiere di Penkova sotto la neve In fondo la sonda della « S.I.M.S.A. » demizzata e ricostruita, diverrà certamente un importante centro adria-tico, e ciò non sarà tra le opere minori da ascriversi a merito dell’Italia di Mussolini la quale le ha permesse e le compie. Del resto i primi a riconoscere ciò sono gli albanesi la cui gratitudine per il nostro Paese è vivissima. Molto si è detto e si dice di un preteso sfruttamento italiano dell’Albania, ma chi mai prima di noi si è presentato per tendere una mano veramente amichevole alla giovane Nazione, una mano che le permettesse di uscire dalle difficoltà in cui si dibatteva? Chi ha avuto il coraggio di mandare tecnici e capitali in un Paese considerato tra i meno stabili degli instabili e turbolenti Balcani? Durazzo non offre invero molto: non teatri, non cinematografi e neppure passeggiate. Ma gli Italiani che sono qui, hanno saputo dimostrare, con le virtù della razza, come essi pure sappiano organizzarsi e sappiano vivere in altri climi. ~ 89 ~