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157* gran portionc, furonui pur’ancora i Turchi con mortalità ee, ££ ceffiua rifpinti. La mattina dietro, fpuntata appena l’Aurora ? ,ats ■ vi fi refìituirono i nemici di nuouo , trauagliando con più rin-njp,g!uto forzata fierezza per altre feihore quei miferi, che fi poteanodi-m’!‘atU; re oramai finiti, e facendovi giucar* infieme il Cannone delle_. Galee, per maggiormente atterrirli, e opprimerli. Pure an^ cora (echi’l crederebbe) refifteronui con pertinace valore , e £ parimi»- li rinueriaronofanguinofamente addietro. Mà cheimportaua-unip-mo. n0agl’infelici eftenuati difenfori le continue ftragi de' nemici, fe per quanto, ch’eranoeccelfiue, non mai diminuiuano il loro numero infinito, & ad elfi andauariducendofi di combattimen-mvni to in combattimento iIpocorimafto3 già vicino al niente. Ata-f;" le fegno haueuali ridotti queflavltima grande fattione. Più non » v’erano rimafte, fipoteuadire,militie/ Nonpiùmunitioni,nè da guerra, nèdaviuere, e fi trouauano ridotte le polueri à foli fette miferabili Barili ; alimento in guerra, e fopra tutto negli affedij, forfè più necefiario del pane ifteifo, potendofi pafcere di molte mifture, e di varie eofei corpi, non già nè i mofchet-ti, nè le Artigliane 9 che non fi pafcono, che di quella fola materia, Conofciutofi perciò oramai anche da’ più intrepidi, da* più collanti, deplora biliifìmo lo flato loro , e che àvnnuoT uoaflalto, che già fi auano i nemici difpoftidi replicare, più non rimaneua nè virtù, nè foftanza, per potere loro opporli, ritor-move naronoli Primati della Città innanzi al Bragadinos gli rinuer? &Pop,io farono a* piedi le lagrime, molto più dolenti, e copiofe dello prime, quanto più erano le angultie accrefciute , e fatto l’eccidio piùineuitabile, ed imminente, e Io fcongiurarono à douer loro finalmente preflarequel compatimento conia fua bontà , che dalla barbarie de’nemici non piùfipoteafperare, che loro humiliandofi . Allora sì, checonuennecommuouerfiqueirhuo-moforte. Vide anch’egli,chenonerapiùlaperiiftenza,cheun’ oflinata volontà di ruinofamente perderli, e eh’ egli haurebbe_» conelTa più meritato il titolo di barbaro, che di collante . Vide, che il poco, per non dir’il niente rimafto, in vece dieffere», fagrificio di falute, farebbe flato di vna difperata miferia. Era thuZJt Que^° ^ primo, giorno del mefedi Agofto. Chiamò la Confulta cZKita. de’Publici Rapprefentanti, e Capitani, e più fofpirando, che parlando, efpofeloro le preghiere de’ Popoli. Nulla diife di quella deplorabile necelfità, pur troppo conofcendola , ed ec-celiiuamente piangendola tutti. Nulla del penfierofuo, poiché fe fi folle trattato lolo difefteifo, neiiun’horrido, nè fpauente-uoleafpetto, farebbe flato badante à diftorlo dai defiderio, di