883 MCCCCCIV FEBBRAIO. 884 loco a la Signoria nostra, come boni servitori di quella etc. Di Eiemagna, di V orator, date in Augusta a dì 10. Come il re e consieri soi sfanno su pratiche di le cosse di Baviera, per le difrrenlie. Item, è leltere di Roma zercha Romagna, unde esso orator nostro fo dal re soto specie di parlarli di Sophì e dii licentiar di frali di Jerusalem, et parlò al re zercha la venuta di domino Mariano di Perosa vien li oralor per il papa. Disse soa majestà era di quella opinion prima, che li piaceva la Signoria havesse aulo Rimano et Faenza etc. Et domino Matheo Lanch secretario regio, per nome dii re, li rispose che, venendo ditto oralor pontificio, la cesarea majestà li risponderla, ita che la Signoria nostra si contenterà ; e scrive coloquj abuli col re in tal materie. Tamen, non voria dilto domino Mariano venisse, perchè, si desse li danari di la cruciata al re, forsi potria operar assa’. Item, il re eri lo invidò solo di oratori a una festa, et soa majestà zostrò e il Conte Palatino. E lauda molto il re di valente eie. Noto, in lettere di Faenza, manda alcune lettere aule dii conte di Val di Nose domino Lunardo di Manfredi, che li manda do lettere, una in spagnol scrive don Diego Remiro castellali di Cesena al castellan di Forlì, 1’ altra di domino Piero Paulo Dami comisario dii papa in Cesena scrive al conte Nicolò 427 di Bagno, ut in litteris. Di la Zefalonia, di sier Nicolò Marcelo proveditor, di 13 novembrio. Come è venuti alcuni subditi di la Signoria nostra, et senza alcuna licentia è intrati in l’isola del Thiachin over Val di Compare, qual circonda mia 40, lontan di l’isola di la Zefalonia mia uno per canal, e in tal locho do et tre. E lì hanno discargato 15 over '20 paia di buoi e semenato, dicendo ditto loco aspetarli per esser stà suo patrimonio. Et perchè esso proveditor non voria el Signor turco di zio mormorasse, licet ditta insula fusse dii signor Lunardo e di quella juridition, et però li fece intender che advertiscano ai fati loro e non dagi causa di inconvenienti e spera adatar quelle cosse. Tamen, di zio voria aviso quanto abi a operar. Dii ditto, di 29 ditto. Come se li mandi danari per li soldati e il pan, e iterum è per partirsi. Item, in quella notte è ruinà una parte di repari di terra e fassine verso San Francesco; però sì provedi di mandarli danari per le fabriche, aliter etc. Item, à depulà per contestabile in castello Bernardin di Monterà con page 20, e si provedi, aliter si scusa a Dio e il mondo. Dii ditto, di primo dezembrio. Come, per eror in li conti di l’intrada, non fo messo li dacj di le peschiere eh’ è a 1’ anno ducati 53, e di le saline ducati 70; sichè è di più dii conio mandoe ducali 123. Aduncha la intrada è ducati 1515, e iterum manda el ditto conto. Dii ditto, di 10. Come ricevete 3 leltere. Una zercha la pace fata col Turco, e observerà quelli capitoli. Item, di le persone di fratelli di Rali capo di stratioti levatosi di Coron, capitando lì quanto habi a far; et non è venuti, ma exeguirà. Item, manda li conti di sier Zuan Venier morì castellan de lì, qual ritrova esser creditor ducati 204, perperi 1, soldi 12, e manda il conto. Item, che la note caschò alcuni altri repari. Item, dimanda danari per le maistranze, e per far fabriche. . Fo leto il breve dii papa al conte di Pitiano. Li scrive non se impazi di Forlì, nè dagi ajuto a quel Lodovico Ordelafì fo suo soldato. Et la risposta li ha lassato esso conte capitanio zeneral nostro; la copia di la qual sarà qui avanti. Fo leto una lettera particular di uno scrive di Roma di 17, non dice il nome, videlicet le cosse di lì vanno mal etc. Noto. In lettere di 17 fevrer dii proveditor di Rimino, drizate a li capi di X e poi remesse al Colegio, par il signor Pandolfo habi do fratelli naturali. Uno, Galeoto, è abate di San Lodezo, e l’altro, Troylo, qual è a Monte Typhon, loco dii conte Nicolò di Bagno- Item, el bariselato di Rimino è tutto Malatesfa. Item, scrive parole ditte per quelli di San Marino zercha Lactantio di Bergamo, è con Urbin. 427 ' Copia di una lettera di domino Petro Barozi episcopo patavino, scripta a la Signoria nostra. Serenissime princeps et excellentissime domine, domine mi colendissime, post humillimam commenda tionem. L’officio mio del cancellariato del studio et de el vescovado, el quale per gratia di vostra sublimità ho tenuto et legno, me fa parere importuno in le cosse pertinente al Studio, et prcecipue a la lectura ditheo-logia secondo la via de Scoto, la quale è come una medicina de li errori de eternitate mundi, de uni-tate intellectus, et de hoc quod de nihilo nihil fiat et altri simili, i quali pullulano da li philosophi : senza la quale el se poteria dire che in quel Studio non se lezesse cossa la quale non se lega anche in Studio de’ pagani, da raxon canonicha in fora ; cossa aliena da la mente de vostra sublimità, la quale zer-