180 Giunto l’ambasciatore veneziano alla presenza del Re d’A-ragona ed espostagli la sua missione, quel principe aveva chiesto tempo per consultarsi coi suoi baroni prima di poter dare una risposta sicura, e di ciò era già stata informata la Signoria per lettere dello Steno inviate a mezzo d’un tal Floriano, messo della Repubblica ; il Re, chiamato poi nuovamente ad udienza l’ambasciatore veneziano, gli indicò come incaricato delle trattative fra la corona d’Aragona e la Repubblica di Venezia Bernardo Visconte di Cabrera *) col quale subito lo Steno si pose in relazione, « tractans ergo cum ipso non semel sed plu-ries », cercando principalmente di scoprire l’intenzione del Re d’Aragona riguardo all’alleanza coi Veneziani ed alle condizioni che egli avrebbe volato porre perchè venisse stretta, e finalmente, « precedentibus longis verbis », l’accennato Visconte disse che voleva compendiare in alcuni capitoli, che poi sarebbero stati discussi insieme, le condizioni che il Re d’Aragona metteva a fondamento dell’ alleanza contro i Genovesi. Stesi questi capitoli, lo Steno vi notò subito « plura non utilia set contraria pocius vestris agendis » che, se accolte nella redazione definitiva del trattato, avrebbero posto le due parti contraenti in condizioni diverse fra di loro con sacrificio degli interessi di Venezia a vantaggio di quelli del Re d’Aragona, quindi allo Steno parve che sarebbe stato «improvvide factum... si tacitus transisset et contentasset ea que possuerat in scri-ptura » il procuratore dell’ Aragonese. Si venne quindi alla discussione dei capitoli, e con buoni argomenti l’ambasciatore veneziano riusci a persuadere il Visconte di Cabrera a tor di mezzo molte delle condizioni più gravose poste da lui in questo primo abbozzo del trattato d’alleanza, « idque principaliter ego feci », scrive lo Steno, « ut aperte sentirem quid ultimum vellet Rex ipse in unione predicta ut x) Quel medesimo che lo Zurita. (Gerolamo. Los cincos libros po-streros de la primera parte de los Anales de la Corona de Aragon, Qaragoza 1610, voi. 2, pag. 241 e segg.) afferma essere stato il più strenuo propugnatore dell’alleanza con Venezia, contro il parere di altri consiglieri della Corona che avrebbero preferito una pace durevole con Genova.