136 secundis banckis supradidis di un palvese; ogni galea avrebbe poi dovuto avere con sè cento corazze, cento gorgiere, cento cappelli ferrati e cento palvesi; 6 mila verrettoni, 500 lancie, mille giavellotti, ronchoni et olii apparatus. Questo il primo abbozzo del trattato di alleanza veneto-aragonese nel quale ci preme far notare subito una cosa, e cioè come avesse giustamente veduto lo Steno quando osservava che, anche se a parole il Re d’ Aragona ostentava qualche ripugnanza ad accettare l’alleanza con Venezia contro i Genovesi, in realtà doveva vederla di buon occhio ed apprezzarne equamente i vantaggi. Ed in fatto tanto gli stava a cuore quest’ unione che sino dal primo capitolo, quando si fissa in 10 anni la durata del-l’alleanza stessa, ma specialmente dai due ultimi che precedono le modalità dell’equipaggiamento delle galee, chiara apparisce nell’Aragonese l’intenzione di aggiogare Venezia al suo carro per sfruttarne opportunemente l’alleanza, ed è per ciò che la prima obbiezione che il Senato muove a questi capitoli proposti dal-l’ambasciatore veneziano è appunto quella che la durata di 10 anni era eccessiva per lo scopo cui mirava Venezia. Ad essa premeva una rapida, efficace azione delle due flotte veneziana ad aragonese, contro i genovesi per annientarne la potenza, rimanendo quindi libera da ogni vincolo d’alleanza ; al Re d’Aragona invece, che aveva nel pensiero altre gesta di conquista, specialmente quella della Sardegna, premeva di poter contare a lunga scadenza sull’appoggio dei Veneziani nelle sue imprese navali, ed a ciò mirava precipuamente coll’ obbligo reciproco di unire le proprie armi contro Genova anche nel caso che una delle parti avesse stretto con quella Repubblica una tregua od una pace anche perpetua, sempre però che la provocazione partisse da essa. . L’Aragonese doveva pensare che non sarebbe stato difficile farsi apparire provocati quando si fosse presentata l’occasione propizia di muovere guerra ai genovesi in tempo utile per sfruttare l’alleanza veneziana. Qui si manifestava un dissidio di interessi che appariva prima facie insanabile e che tale sarebbe stato veramente, se il Senato, che più di una volta ha seguito la politica del « lungo stràda si aggiusta soma», non si fosse acconciato a sacrificare