LIBRO VINTESIMOPR1MO 479 Ticdnino lena l’affe-dìo da yero, na. _ ^ . 1 £ fi ritira d voliè,prima,che d mlèguirlo,ad occupar nell’apertagli congiuntura,ah so«»e. cun luogo. Il Cartello di Lonigo gli fi tè innanti,e benché in lite»di mo- Tranccjco te, poco languinolàmente occupollo,con alcun altre Cartella d nitor- sforma pieno . A quelli progrelfi maggiormente il Piccinino impauri 5 Non fi Jli-de Lon,g°-mò più ficuro à Soaue,e cangiò à Roca,luogo molt’altoj’alloggiameto. Sprezzò lo Sforza in ogni modo il fuataggio, e fi fpinlè ad attaccarlo an-cor là} ma l’eminenza del fito,e il numero,e la qualità che ne pui ei a di-fpari di quell’elèrcito, diè cuor à colui di accettar anch egli coraggiolo la pugna. Si combattè con pareggiati accidenti fino alla notte, e mattina non più (limato bene lo Sforza di tentar di vantaggio, pafso a afa. Verona. Quiuinontrouatofitrà fè fleffo contento del nonriulcito cimento, lènza fermaruifi momenti fi traffefuori, erafTegnatonel Lo Sfor%o-> Campo Martio tutto l’efèrcito, verfò il nemico nuouamente fi {cagliò di tutt’empito. Non era il Piccinino difimil parere. Sentitane la vo- ¡ere. ce, nè men più reputò quel luogo ficuro, così à termaruifi, como à tragittar’,occorrendo, ficuro l’Adige. Preuenne il bifògnoj pian- Il Ticdnino touui fòpra d’improuifò vii Ponte, e trafcorfòlo, fi ritirò à Vigafio, di- à tiretto di Man toua. Perduta con ciò la iperanza lo Sforza di combat- l*al terlo più per allhora, riuoliè il camino, e in flrada piana, e non impedita rimaflo, già che fuggito gli sera l’eièrcito auuerlàrio, cercò almeno di profittarli contro à chi non poteua fuggirgli. Si molle contra i Lo SfoY luoghi, e contra le Terre. Polè prima l’alfedio à Soaue, e à forza d'ar-mi efpugnolloje feorfo poi à quel canto le ripe dell’Adige, prefe, e r itor- ijghi. nò ben preflo tutto quel tratto,già perduto,obbediente alla República. Il Capitano Barbaro in tanto con artificióla virtù pur non celiando di Coragg¡0ft mantenere trà le mortalità della Pelle, e i dilàgi della fame » veri ci- Pen^¡Jcl menti della collanza, Brelcia contenta, come fe libera, e Icicka hauef- ^S-baro in lè goduto agiatamente ogni comaiodo, non fù poifibile, ch’entro à Brefda. limiti foli di quel ricinto, vi contenere l’animo grande. Nudriuain_ le fleifo vn’alto defiderio d’Iinprefe, e di pruoue maggiori. Ve loha-ueano maggiormente eccitato l’Auogadro, e’1 Zeno con la rotta, o tagliata di Vitalian di Friuli vicino al Lago. Le trombe rifuonanti gli applaufi dello Sforza nel Veronefe, ancora più lo fuegliarono. Già in Brelcia rientrato lo ilelfo Auogadro, gli comandò per primo palTo di lordi’, e prendere d’improuilòi Forti nel principio delTalfedio dal ne- . mico erettiui, àche obbedito ilvalorolò Guerriero, e pari al cuo^d¡wrFufr[ re hauutone lefito, glielpugnò, e gli ralè da’fondamenti. Allhora, tide'nemid rutti animaronfi à palfi maggiori. Fù commeifo allo ilelfo Auogadro,y>uin à Tadeo d’Elle, e à Diotifalui Centurione, brauo Capitano di condur- spinge miiu -fi à cogliere di tutto lancio Salò 5 e Taddeo con trecento Caualli, con fal¡mtríl altre- tardo, fioggiò da Polli,* liberò l’alfedio, e ritiratoli con tutto il Campo a Soaue, vi li munì d intorno per lungo tramite di folli, e d’argini. Veduta lo Storza libera la Città, e fu^atoui’l nemico lènza combattere, fi