194 DE’ FATTI VENETI. quel nemico, che Thà iuperato vna volta. I due Capitani Genouefi, che non in vna : ma in mojt’altre occafioni, hauean vedute Tarmi loro dalle Venete maltrattate, preièntitone lontano il rumore, nonheb-bero ardire d’affrontaruifi. Inuolaroniì da quell’acaue in vn baleno, e pugge i^ verib il Regno di Candia con affrettato camino s’indirizzarono. Qui-cenouefeil nonatteii, fènzacontrailo affalironoallaTprouifta Cannea, el’oc-vàincarl cuparono, eTinuafero con vn gran Tacco. Abbandonatala poi, e ve-dìa. leggiato à Rhodi, pre/èro, in andando, vnVaicello Venetianomer-pa'fetnd- cantile, carico di capitali priuati opulenti per Aiìa. Seguitò il Grade-tratta can- nigQ s più celsremente, che mai potè, la traccia di quei, più tofto fug-rAmata gitiui Pirati, che permanenti nemici. Hauutane voce in cercandogli, veneta leu cjie fi foffero auanzati ne’ mari Soriani, toliè anch’egli per quella par-mTndiso, te veloce il bordo. Approdò àTolemaide. Quiui prein telò, cnefi r,a* foilèr di gii ingroffati al numero di ventotto Galee, e d’alcuni Vaicelli, aumentò Tarmata con qualche altro legno, e fatta la maffa, e cupidiT-fimo di ritrouarli, per vendicar! danni, e ToffeTe antedette, gli venno fatto anche in queft’occafione di rinuenirli dirimpetto à Tiro, luogo fatale à coloro per l’altra perdita, pur là riportata. Si fracaffarono inficine di pi imo grand’vrto 5 Ma venuti poi all’abbordo, e con Tarmi alle man 1, non molto laiciarono i nemici la vittoria indecifà. Volca-rono le ipalle al combattere, e dando à noitri coraggio maggiore, at-4iird vit- tra^eroniidietrodaièinedefimiTinuafìoni,eleilragi. Gran numero toria cètra, ne venne vcciiò. Alcune delle loro Galee conquaffate da* colpi, ed a£ cenouefi. forbite dall onde rima/èro. Preiè ne furon’otto 5 e così finita la Cam-127 Pagna> fe ne tornò con effe il Gradenigo àVenetia, più volte de’nemici trionfante. Mancò in quefto tempo di vita Rainiero Zeno Doge 5 ed acclamammo6^ tono nella vacata Sede i numeri tutti del 41. Lorenzo Thiepolo, fì-?c Lorenzo 0^° di Giacomo, già dimorato con tanto grido nella fleilà Ducea, 5 Thiepoio, in vn tempo, rimunerando l’eletto, honorando la memoria del Padre, e vinificando il Zeno defonto nella magnificenza del iùcceffore ad ogn altro prepoito. Nel coriòdiquefl’anni, e di quelli continui tra-uagli contra i Genouefi sù il mare, e in Soria, erano in Italia graui ri-uolutioni Teguite contra il già detto Manfredo, figlio naturale di Federigo Secondo Imperatore, Rè di Sicilia, e di Puglia, e contra Corredino, figlio ancora lui, ma legittimo,di Federigo medefimo. Nati diipareri tra il Pontefice Vrbano Quarto, e Manfredo, furono chiamate dal Pailor’, e comparuero in ToccorTo della ChieTa, Tarmi di mlniiaiia. Francia, fòtto Io Stendardo di Carlo, fratello del Rè Lodouico, cognominato il Santo. Morto Vrbano, continuò à ratteneruele Clemente Quarto iùcceffore,fin che ingroffatifi potentemente iFrancefi, e in due generali battaglie, prima Manfredo, e poi Coradino, rotti,diT-fatti, edvccifi, diuenne Carlo del Regno di Sicilia, di qui, e di là dal Faro,