LIBRO VNDECIMO. in periòna, e con eflò infieme gran numero de Primati, ed altri fedeli, che Io ièguiuano. Arrabbiatamente vibraroniì l’armi 5 ma chi non hà cuore per la Patria, non potendo meno hauerlo per fe ileifo, reftò ne primipafìì fòprafatta incontinente la ièditioia fattione. Era ilThie-polo combattuto alla fronte. Gli pioueuano addoifo da iòuraftanti Tetti à folti nembi le pietre, e l’oftèfe. Gran confufìone, gran ftrage, gran numero di feriti, e di eilinti in vn momento cade. Frà queftiei iividevccifò da fafTo graueà piedi vn prediletto Staffiero, Jntefe nel Tormenti medefìmo tempo, fugata, ediftrutta in Piazza l’altra fattione de’Qui- d'flrutt0-rini, e il Padre,e il figlio difteiì à terra. Non potè più à lungo refiftere, già, che tutto fulminauagli contra. Abbandonò il combattere 5 Spinto dalla necefTità diè luogo alla Giuftitia, alla fortuna, e alla forza. Ri- ^torM à tornò con tutto il ièguitoioprauanzato in Riuoalto; eperficuro fer- modto. marnili, tranfportouui tutte le barche 5 diftruffe il Ponte, e dimorò nel-l’Iiòla fortificato alcun giorno, Reflauano bollenti ancora gli humori dal rimafto calor delle fiamme, non così prefto facili d’interamente io-pire iòtto le ceneri d’vn’alto incendio. Molti, benchenon flati con., Tarmi alla mano fcoperte, fapendo d’hauerui affentito con la lingua_, molti con-ò co’l cuore, e temendone affai, peniàuan più toilo, che di vilmente, morire,arrifchiar’in replicato tumulto la vita• Altri,, chi per dichiara- flejjì. to liuore contra il Prencipe ; chi poco iodisfatti delle nuoue introdotte regole di Gouerno; chi del proprio flato non ben contenti, flauano tra iè ileffi raccolti, grauemenre agitandoli. Vngeneral perdono di qualunque traicoriò publicatofi, fgombrò i timori ; quietò le flu ttuationi, e ritornò alla calma primiera l’ondeggiante Venetia. Non ripugnò la . Patria di mandar’allo fleflo Boemondo Giouanni Soranzo, Matteo Manoleflò, e Filippo Belegno, per piaceuolmente difporlo. Ma chi hà errato enormemente, non crede facilmente al perdono. Dubbio- io , che il iuo fallo non foffe più meriteuole d’indulgenza, f prezzoli a,, e fe n’andò feguitato da’più contumaci. Fugli dalla Giuftitia publi- Boemondo cato il caftigo di fèuerifÌìmo bando; gli fi fpianò àSant’ Agoftino il Pa- e(fule>e¿a. lagio ; quello de’ Quirini in Riuoalto, detto la Caia maggiore,fi riduf-ll>gdt0 ' iè à publico macello 5 decapitaronfi molti, e patì lo fleflo fùpplicio Ba-doaro Badoaro, che, fe bene allhora Podeflà in Padoua, trouatofì nell’ empio attentato, fù prefo, e giuftamente punito. Procurò tal volta, Boemondo in Schiauonia, dou’era , di ¿licitar qualch’Euro maligno 5 ma in queft’acque più non potè turbare quella libertà, che. seraconfèruatainuiolabile; e tal fù il caiò di Boemondo Tlvepob, il cui nome, ed il cui fucceiTo, cotanto famofo, ioftantialmente fi è tocco 5 e della iìiperata congiurale ne celebrala memoria iòlennemente, ogn anno nella Fcftiuità de’Santi Vito, e Modello. Rifchiaroilì la Patria,qual però contaminato refla il Sole,fìibito iciol-tofi da grand’ecclifTe. Si appreie, e non vanamente, per augurio infelice;