LIBRO SESTO. 107 il trionfo. Ma non baflò il disfacimento de’legni, eia ilrage degli huomini, benche vniueriàle. Quella non ftimò Dio correzione ballante all’animo iàcrilego di Federigo. Poteua, ièben diilrutto, pretto con vaile fòrze rimetterfi. Perniile, che la periòna ilcfla d’Otto-frh ne, ilio figlio, cadeiTe prigione 5 e fofse condotto, e confegnato viuo sii ‘ la Galea Generalitia, come vn ludibrio, che non può auuenir maggiore tra’grandi, e il più icelto trofeo, ch’illumini la gloria del Vincitore. Il Doge, che nonhauea, pugnando, pretermefla ogni pruoua hoili-le5 in quell’atto cangio!». L’accoliè tutto placido, tutto benigno. Trattollo con generoìè maniere d Vna indifferente Maeilà. Gli eipreiTe Trattato ge il dolor della caufa, iè non del cafo ; e’1 coniòlò, per quanto poteafi coniòlar’vn Prencipe, vinto, disfatto , e prigione. Accaduta poco lun~ ape. gida Venetiala vittoria infigne,capitonnel’auuifoin momenti, e poco flette à comparimi tutta l’armata, che feben lacera» e tintaan- che torna., ch’ella del proprio ilmgue, facea però di iè fleflà glorioiò fpettaco- j lo à riguardanti. Il Doge mede fimo, niente meno bruttato nell’ armatura, e fquarciato nel Manto Reale, comparile in Città difenfor della Patria, manutentor della Chieià, iolleuator del Pontefice .Trionfo più magnanimo non vide forlè in alcun tempo Roma, per gli nu-merofi, per gli qualificati prigioni, per le molte Galee nemiche condotte, per la nobiltà delle ipoglie, eaiisuilo in veroièauguilamente fù ad illuilrarlo il figlio captiuo d’vn Celare. La Piazza tutta, illuminata d’allegre fiamme, le riuerberò à gli iplendori della comparià Maeilà, co’ gridi ilrepitofi, & applaufi acclamanti di tutto il popolo, generai- Mlcgrcx-mente conuertito in lagrime di deuotione, e di fede. Preualie ad ogn’ *e ll,r J altra la letitia del Santo Pallore, e iòlennizzolla egli ilibito ncH’aurco Tempio con humili ringratiamenti al patrocinio Diuino. Le circon-ilanze del fatto rappreientauano elùdente il miracolo in aperto Cielo, confiderando iolo, come li attaccò la battaglia, e quale auucn-ne. Auanti poi, che feguiife, non fù che Dio à dar’il cuore, in vece di torlo, e à far’, in vece di faluarfi al coperto de’ ricinti, vlcir'il Doge c> tutta l’armata da’ lidi 5 animoiìtà, che troppo eccedè il coraggio degli huomini, per non elser creduta influita da chiallimpolfibiPè iiipe-riore. Non ièppe meglio il redento Pontefice retribuir quel merito, che potèdirficeleile, iè non redimendo Fanime da tutti i peccati. Concedè pretioiè Indulgenze, per goderiène il bene per tutta l'Eterni- cratie di-tà, c coniàcrebenedittioniaflìcuro interra allaRepublica il Potenta-to perpetuamente felice. Benedille infieme il Regio Dominio dei Corona Goffo, che ella, già naièendo, e co’l tempo difendendolo con era io più torti, e barbare Armate, erafi acquiflato j pili volte conferma- nam^a del tofi , òt allhora riueilito del proprio iàngue in contraiègno diW/J,<* gloria, e di fede immortale. Vn’aureo Anello porte al Doge , per iimbolleggiar, pur come celeile, in quel cerchio ,1’alta padronanza^. O 2 Ordinò,