270 DE’ FATTI VENETI. Trend e ¡i to efercit0 ? ftir0no Conegliano, e Sacile ; sforzate di cader fubito alla. giìano^e sa repentina incuriìone. Diuiiè poi le torze in tre corpi, rimaièro à vn-ciloc j tempo, Noale, Oderzo, e Meitre inondate, ed attaccate ; Ma non-ì°r\o ; c~ quelle sì prefto, come l’altre perderonfi, mentre gli aggreffori, già tri-■Mefìre at- partiti, combattendole con manco vigore, dierono à gli aggreifi mag-mva¿ T gior facoltà di far tefta, e refpingerli. Per tale non creduta difefa fi cangiò il Rè di penfiero. Conobbe non conferente il dimorar più a lungo in tré luoghi diffìcili, e non tanto importanti aliamole degli aipirati di-fègni. Deliberò di riunir m vn corpo l’eièrcito 5 e di mutar tré piccioli Treii T at*tenran nel 1°1° effentialiifimo della Città di Treuigi. Così anco inmomenti eieguì. Comparuefurioio, e tutto infierne raccolto il campo (otto le mura di quella Città , non però fproueduta. Grandemente i Senatori geloii, vi erano precorfi , Haueanui efpedito à dZ prdì temP° Sran numero di Baleilrieri, con molti Patri tij qui (celti per ogni c'oumw. fèftiero, ed oltre à Fantin Morofini, Pretor ordinario, erauianco anda-toGiouanni Delfino principal Commandante. Stringeuala il Rè con forte affedio, & ella nientemeno tra la virtù de’ difenfori fi fofteneua-! 5 5 6 collante, quando morto nello fteffo procinto il Doge Gradenigo, e ri-fpleodendo nel merito attuai di quel tempo in Treuigii fatti egregi precedenti delloíleíToGiouanniDelfino, eglifù ilPrencipe eletto. cionanni Sperarono iJPadri, chel’Vnghero* ancorché nemico, haueiTe in io Dc^cbeD°i cJlie^a§rnndezzad’animo,che, infifane’Prencipi, fàlorobramarlo fdentro w occaiionì di eièrci tarla, per dimoflrarfi, anche in quefto, iùperiorià ceneraigfi altri. Peggio, che di vn prillato, diede ad ogni modo pruoua di vn oicura bafièzza quel Rè. Mandatigli dalla República in Campo, Andrea Contarmi, e Michele. Faliero Àmbaiciatori, à pregarlo di permet-y n ^ terelVfeita, e’ipaffaggio ficuro alla Patria del ilio Prencipe, acerba-ìajciario mente negollo j credendo forfè, che vn pegno sì caro nell’affediata Cit-v/cne, tà 3 poteffe meglio difporne la refa, per non arriichiaruelo. Mancato diquellamaniera lo ipirito generofoinLodouico,crebbe tanto più concitato, nel Dòge, e nel Publico, àconièruatione della Città, edà rìpulfà del torto , Se i difenfori- haueuan dianzi sù le mura intrepidi efpofti i Ior petti ; fe brauamente refpinte le attentate falite ; fe lungi, e dall’altoicoccate tempefte di militari ftromenti, non più dentro à quei limiti fi contennero. Dopo la negatiua indiicreta, infiammati dal Do- \Tanni^ &e ’ arrabbiati da iè medefimi, fecero con frequenti, e numeroiè forti-te, hor per Pvna, ed hor per l’altra Porta della Città, trà le morti, e tra gli horrori, molte, e molte volte conofcere, che le cattiue attioniof-fendon’afTaipiù del ferro, e che fi come quefto è lecito d’vfarfi in Guerra , così elfendo quelle, fempre, e in ogni luogo prohibite, più anco in guerra mortalmente feriicono, deH’armi fteile. Irritato il Rè, proruppe à tentar Pvltimo sforzo dVn generale affai to, Diello vn giorno, e replicollo il feguente, non riuicitoglHf primo, Circuì per ogni cantone