470 DE’ FATTI VENETI. li, clic i difenfori già sforzati da’ lunghi tormen ti più non potendo re-iìilere,’ haueano cominciato à ritirarli, e quafi che à lafciar’a’ nemici Erefaa ùu libero l’ingrefifo, e la vittoria (òura l’afflitta Città. Se ne (coprì il peri-Yimo. pr°' c°l° dagli altri luoghi, e fù tale, e fu tanto il generai commouimento ad accorerui > tanto i fudditi, amorofi à (è fteffi, e faiicerati al fuo Pren-cipe j tanto le militie d’impareggiabile coftanza,.e valore; e tanto i Capi maggiori di affètto diuoto, e di ipirito guerriero, che nel procinto iteifo di perderti, conuenne l’occhio dilettarti à vedere, come in vn (ò-fì graru, Io cuore, in vna fola marciata, in vn iòlo azzardo trouaronti tutti, o sformo, tino le femmine, à reipinger l’auuerfario, confidente horamai di non poter eiTer più affretto à ritrarui il piede. Chi pugna contro à chi {prezzata la morte, ed entrato nelle fiamme del (àgrificio, altro ardor vitale nonhà, che il defiderio di vn iàlutare con fumo, non può vantarli mai di ticura vittoria. Cosìauuenneall’efercitoMilaneiè in quell’ai falto, ò per meglio dirlo 5 in quell’atroce macello. Non vna verga di occulta incantata virtù: ma vn valore fcoperto di lande, diipade, o d’altr’armi, trasformò di ilrana metamorfoti il fanguinotiffimo euen-finì^ed «/!to * Diuennero le (chiere noilre fuggitiue, faccie affrontate 3 riuerià-Urga. ¡1 ne- rono à dietro in vn punto gl’infecutori furiofi, e tanto formontaron* mco. eue ¿gì baif0 all’alto, che non (blamente ottennero di rifrancar’il perduto terreno : ma di (cacciar’, e precipitarci di fuori, trà le fteiTe loro ruine gli a (ceti 5 trucidarne vn gran numero ; confonderli Piccinino, e diminuire sì fattamente Peièrcito (uo,cola morte di due mila,e cinque-ceto,e di altretanti prigioni,che calato l’ardire,intimorito il cuore,e iiic-ceduto lo (teifo negl’altri podi attaccati etiandio, trouoifi egli sforzato à ritirarti vn poco lungi dalla Città, e diftribuir’a’ quartieri del Verno iiòldati;vicini però à tenerla, fe non con l’armi oppugnata, (fretta di penurioiàfame, con non minori pericoli. Pur’ella trà tanto fi videa riiòrgere in più bell’afpetto, quanto più deformata, e lacera dalle battiture patite; Impreifioni perpetue di merito quelle cicatrici fedeli ; Priuilegio d’incancellabile predilettione la refiftentecoilanza; e vn’ immortale fplendore del Barbaro j e degli altri Capi, quegli horrori , rifchiarati nel feliciflìmo euento fortito per noi. U fine del Vintefimo Libro. DE