LIBRO DECIMOQVINTO. 317 ordinario Pietro Emo, che già /ottenne valoro/àmente Treuigi, e Nicolò Contarini, e Giouanni Mocenigo trouauanfi Proueditori. Quelli tutti italiano animati di vn cuore à difenderli. Haueano già, prin- e fi* diffe-cipalmente à quella parte, per doue il Porto fporgeua il ièno profondo fpro”' alracque, ripartite tré grolle Naui, ed altri oilacoli alla trauerià degli aditi, e sii le mura diitribuite per ogni fianco ben’armate militic-, per offender da lontano, e da vicino, e per ben riceuere qualunque attacco . Fu nel giorno degli vndici Agoito attàlita ferocemente la Città da quattro parti. Le ftragi, le morti, e gli sforzi fempre à vn modo, e fèmpre in colmo durarono dall’hore prime del giorno fino avvitirne di fera ofcura. Sudarono i Veneti à refiítere contra vna forza incettan-te, che imperuerCiua, quanto più veniua riipinta. Tanto alla fine /cacciarono i nemici, e dalle mura, e dalle naui nell’altra parte del Porto, che gli sforzarono con graue ripulfa di ritirarli. Di qui e£ERaffili fi prefero così gran coraggio, e tanto confidaronfi nel già efperimenta- mi rtfpinti to valore, che la mattina feguente fitrafportarono àiortir’in grotto numero foura il Ponte, per dar’addottò, e fcompigliar d’improuiiò gli sortiu de' aflàlitori. Ma è molto più facile il difenderli da vn fito eminente, cne y'eneti-di offèndere in cgual piano, chi eccede. S’ingrottarono .di sì fatta maniera coloro, che dopo fatta gran ftrage, fù gran miracolo, che noru e n tratterò in Chioggia miili, e confitti co" fuggitiui, e non fe ne ren- E rejpinti dettero in quel punto padroni. Cangiali facilmente in altretanto timo- con molto re l'arditezza, quand e abbattuta. Precipitarono i noitri dal fatto del danno * giorno precedente in grane coniternatione, Per gli molti vccifi nella, iòrtita, fearfi à ripararli da nuoui attalti,variarono in tutto di confidenza, e di cuore rielPimminente pericolo. Vi fi aggiunfe à più feonuol- sbigottiti gerii vn fecondo accidente, non meno apprenlibile. Leonardo Dandolo , e Domenico Michele,par titifi da Venetia in quel giorno con cinquanta Barche di valorofà militia per tentar d’introduruela, auuiiàti à mezzo il camino da falfa voce,che già fi fotte laCittà perdutale ne ritornarono addietro. Iniilato tale andarono i nemici ne' feguenti giorni più tenendo gli attediati in vn moto continuo di gelofia, che di effetti-uo attalto. Ma il giorno de’ledici, che fù il quinto poiteriore al primo attacco, vrtarono alla parte del Ponte con tanta furia la sbigottita Cit- Furio^ afta , che paruero vn fulmine à incenerir! ripari j non fcalaronle mura^j /«/i0 • per così dir’afforbironle 5 e dopo eflinti tutti quelli, che contra la moltitudine eilrema vollero in ogni modo far tetta, inondarono Chioggia Et ècbiog-di militie,l’allagarono per tutto di fangne, rimpouerirono con gene- zhlPreI« • rali laccheggiamenti, e /tracciando, e calpeitando il Veneto Vcwllo, tre invece ne alzarono di Genoua, di Padoua, ediVngheria. Giun-iè il numeto de noitri morti à fei mila, trà quali Giouanni Mocenigo Nttmeroj^ siile mura combattendo glorioiamente j poco meno fu quel de pri- perduti. gioni , e toccò trà quelli di cader’anco all’Emo, òc à molt’altri Capi,