j-ì4 DE FATTI VENETI. suo tenu. con forti ripari, e con grolla catena. Ei vi giunfe, e tentò penetrami : ¿¡¡?inch ma riufcito fanguinofo, e conofciuto imponibile co la forza l’ingreffo, fi appigliò à procurarlo con l’arte. Caricò vn Nauilio di folfo, e di fuochi artificiati, e fcelti trà gli altri trent’hltominidi petto, e di marinara efperienza, fè, che vi montaffero, e che atteio il vento gagliardo in fauore, vi fi lanciaifero dentro con empito. La violenza, dell’vrto v’infranfè l’attrauerfata catena 5 abbattè gli oftacoli opporti,e da quegli huonjini arditi fèminate fubito nelle dueNaui Catelane, nell’altreiiolfi, e i fuochi, auuampouuià momenti l’incendio 5 heb-£ gh nefce. gran fatjca ^ £àlnarfi coloro, che v’eran fopra 5 ftando in terra, conuennero Vederle fiamme à diftruggere mifèramente i Vafcelli ; e i noftri marinari, accefe che fhebbero, fuori fi traifero ialui in vn fchif-fo. Erafi già il Verno auanzato quando’l Loredano,trionfato à baftan-za, fi ritirò in ripofo à Corfù, e mandò à Venetia con vna Galea Zaccaria Dandolo à ragguagliarne i iuccefli,& à rapprefèntar’infieme vn numero di quarant alette Vafcelli,trà i prefi, & affondati da lui, da che-s’era partito da quefti lidi ► Stringea trà tanto lo Sforza Milano à tutto potere, e quell’armi, che fortiron già per combatterlo, e che tremanti al folo aipetto Tuo, e dell’ flril(°c}!!r. eièrcito, ritirate s’erano codardamente, piùancor’ardito refo l’hauea-temme-Mi.no. Si paleiàno i noftri artètti, iè ben’in terni, quando fi gonfiano ai1 lano‘ fai, e perciò non potè più, fauorko da tante felicità, contener’iiL. fè fteifo il faftoorgoglioiò. Preuenne con gli ipiriti, co’gefti, e con le parole altere quell’Imprefà iùperata non anco 5 Fè vedere, che Ìa fame vorace del Dominio non è mai fàtolla 5 e fè conofcer chiaro, che bra-maua Milano per gran fcalino alla Corona di tutta l’Italia. Qu) fe-\'i«oCiofi. nera lungi temutoli genio,- ma più ancor’ aificuratofi vicino, e nell’ jcc la i\cpu. atto fteifo di poterfiben prefto adempire, fi principiò da Senatoria fùoigraL penfarui * Corfe trà quei rifleifila gelofiaà raccordarfi degli obbietti penjìeri. nel Senato confiderati al tempo, incuificontefe, fefidoueua, ònò confederarficonlui. Per maggiormente apprenderne fouuenne ancora vn concetto che, nel tempo della iòrtita, e ritirata vile de’ Mila nefi, offeruatio- haueua fcritto al SenatoGiacomo Antonio Marcello 5 Che oflèruato „¡fatteli. s^era in quell’occafione F rance (co si fattamente maeftro dell’arte, e-generofo, ed inuitto di cuore, da dubitarli, che, diuenuto, ch’ei foife Signor di Milano,fi faceife in conièguenza Padrone di tutto. Così trepidando trà quefti penfieri gli animi de’Pàdri, e colui nulla fofpeiò dal rigor del Verno di trauadiar Mediata Città, e di fame, e di anguftie, non farian meno fiate tali congetture, benche vehementi, per auen-turabaftantiioleàmutarpertimoreilGouernodifpirito, le non fo-prauueniuagli vn più fuftantiofo ragguaglio, che lo fpinfe più acuta, e fortemente a rifletterai. Prohibiua il tenore de’contèderati Capitoli à ciafcuna delle parti faccettare al fuo fcruigio, fenza iaputa , aifenfo dell’