LIBRO DECIMONONO. 4?? per vero il bifogno 5 Che il iìio iòuerchio timorefaceagli dubitar! fol-dati del nemico Giganti, nonhuomini,' echefepurvoleua foccorfo , mìgnoli. era prima conueniente rincuorar lelèrcito delle paghe, pregate già , e differitegli con generai commotione ► Combatteafi tra tanto di-Iperatamente nel Pò, e combatteafi all’abbordo. Erano larmi ruotate da taglio, ipiedi, fpade, & altri fimilij E il folto de nemici principiaua horamai con colpi, e ferite à coprir', e circondari Veneti di vn’euidente fuantaggio . Calò il giorno, mentre an-%£°upu'-daua la peggio crefcendo. Soprauuenuta la notte,iolpenderonfil’ gna con Itu offefe 5 e retiate in mano à nemici quattro Naui affondate Venete,il dc' Piccinino alleilille immediate nel Corpo dellaltre lue, & andò il tutto Nuoueprc- difponendo al nuouo giorno, per dar perfettione all’abbozzata vit-toria. Cercò il Treuigianodi andarli anch’egli ne’ lùoi riportatilcon-^ ai com-certi preparando non manco. Già che il paffato combattimento ha -batter/i. ueagii fatto conoicere prouenuti daH’aboordo, perle iuemilitie inferiori,i patiti dàni,procurò nel conflitto noueUo,giàineuitabile,di tenerli più, chehaueffe potuto lontano, farne giucarll Cannone> e col numero de’fuoi Vafcelli maggiore auanzar’anch’egli altretantodibene al nuouo giorno,quanto hauea nienti todi male lalera. Ma „ nè il tempo lungo di tutta vna notte 5 nè i danni publicati de* noftri 5 nè i peggiori, cne fourallauano al replicato cimento, bailaron punto per am-mollir’il Carmignola dalla lùa prima vitiolà renitenza di {occorrere . Dirtele il giorno i primi albori $ eco ’1 lume crelcente crefciute l’Ar -^¡nTto°u mate alla villa, e alla fronte, dinotò l’apparecchio della noftra in quella diftanza al Capitan Genouelèil pernierò del Treuigiano qual foffe *?0rrere.°L Ciò, che piace à vna parte non douendo per la medefima ragione.* piacer all’altra, colui cercò ciò, che fuggiuano i Veneti » Comandò à lùoi , che fi doueffero Ipinger fubito violentemente binanti co’remi à troncarla diftanza,inontade'colpi terribili de Cannoni che horamai gli batteuano ilegni „ e gli veddeuano gli huominijòc eiTì più pauentando quel iopraciglio , che il loro proprio pericolo, im continente obbedirono, einbreue tempo congiunfèro, e intricarono inlieme tutte le loro con le noftre Naui all’abbordo. Quiui rin-sì a^uffa-uigoriifi alla neceffìtà di morire, ò di vincere l’arditezza pari ne’corag-noìc •Arma giofi,e ne’timidi.. Non più rellò fcampo alla vita, che al nemico to- alt abbordi ghendola. Venne il valor ,e la virtù à pareggiarli in ogn’ vno, per prevalere negli Ipettacoli moltiplicati. Atrocemente tempellauano i ferree fui minauano i fuochi, e più cedeua, e cadeuala gente, doue più manteneafi Iacalcaollinata, per non cedere, e per non cadere. Dopo fmaniteii grand hore alla, villa di tante piaghe, editantfprofluuijdi iangue, principiarono à preualer confiderabilmente i nemici. Il numero , già detto, eccedente continuò à preffar loro il vantaggio > e le ne aggiunfero da (è inedeiimi vn’altro, che finì di dar’à Veneti l’eftre- ma