?78 DE FATTI VENETI. cSuertir’in Ce medefimi il pericolo dell’anguftiata Città. No vi fi moffe 1eìmÌ7'!o ad ogni modo il Generale; Paruegli d’addur à CcaC^Che l’inoltrar fi nel ni addotu Canale, e verfotlPonte eravn gittarfi volontari^ nelle fauci del mcotrario. nemico, dominatorper ogni par te delle ripe, e trionfatore di tutta l'Ifola. Che la per dita di Negropont e import atta molto 5 ma per-dendofi con e fifa tnfieme l’Armata, per de afe il Mare, e confeguen-t e mente l'Impero jC he fe purfi doueua azzardar’il tutto, conuenia-fi almenfarlo con le forze tutte vnite, ed attender fi prima l'altre Galee,già mtefefi partite da Venetia, ecalcolauanfl vicine à compar ir m ai punto in punto. Contendeua iè fteilo in iòm-ma; negaua il proprio; opponeva al coraggio degli altri, &àduo fratelli Pizzamani diCandia,Gentilhuomini, che gli fieihibironodi andar eifi con due Cole naui di propria ragione, à feconda d’acqua, e di vento, àinueftirne il Ponte, proteftò loro apertamente di nò. ITurchi altresì, non con/àpeuoli di quefte freddezze, pauentauano di alcun’attentato violente 5 nè poteuan creder mai, cnerArmata Veneta permettere su gli occhi la perdita di fi nobil pezza,iènz’almeno di qual-clVefperimento in aiuto . Rifolfero per ciòdipreuenirlaconrvltimo sforzo di tutto il potere, e ne1 primi roflòri fpuntati dell’Alba compar-¿t,tacco gc uero à proteftar l’effufioni vicendeuoli preparate à graniàngue. At-mraie. taccarono coloro trà quei barlumi generalmente la Città per mar’, o per terra, e mi/chiodi nel più folto, e nel più affrontato numero de’ Soldati lo fteflògran Rè, ad oggetto di animarli alla viiìa, e di obligat- li alla iiia preienza di /prezzar la vita, per confeguir’il merito della grada, e il bene d’vn libero iicchegiamento, chelor promife. Non può chi fi voglia vantar di /criuere i grandi accidenti /ùcceduti à tante parti aifalitein vnpunto. Nonerauialcuno, chedifeernerpoteife, fe non i proprij bifogni à ferir altri, & à difender iè fteifo. L’ira, il pericolo acciecaua locchio ; togliea la mente, nè permettea che alle fole braccia , &. alle iòle mani gli officij. Si hauerebbe potuto più tofto congetturar, che vedere alla varietà delle voci /tridenti, quella degli hor-rendifpettacoli; mavnindiftinto fremito non può rileuarfi, iènon in confùfo. Lo fteifo Cielo era , per così dir’impedito à comprendere, fe non vn denfiifimo nembo di iaette, e di fumi ardenti mifti, e icop-piati per l’aria.Venne poi à manifeftar,e à proteftar il giorno,fattoi! ho-ramni lucido, e maturo,gli euenti pur troppo infelici di quelle generali icìagure ne’cadaueri, negli egri,e nelàguenti infiniti feoperti, che fero-no alla vifta tremar’il cuore à miferi aggre/si, troppo da quella gran ftra-ge perduti di numero, & altresì gli aggreifori fourabondar maggiormente al vantaggio. Pur’in tanto eccidio nè ancoimarironfciCa~ Gra/cZìlpi• SpecialmenterErizzo, ilCalbo, eìBondumieropartecipanoà tio de'tu- gli altri, e doue più ne feorgeano il bifogno , l’intrepidezza propria nei prejenSi. volto, nelle voci, e negl’atti, febene ancor eglino haueiTe ceifo nell’in- terno