LIBRO VINTESIMOSETTIMO. 633 to indegni di quefia G rande zza. S i muouerà F' erdinandogia mof-foifara fecoFiorenza,niente meno alprefente noftra nemica dì ciò, cbe,fe bene amica, cifù ingrata in altri tempi per Ferdinando me: dejimo * Non però dietro à quejh due Prencipi dee conchiuderJi^che habbiantuttigli altri àpraticarne loftejfo. Ama la quiete,non la guerra,chi vfurpa. Rapifcc Lodouico il Dominio al Nipote. Sacche le infidie dome/iiche tanto durano, quanto tra gli (lefsi domeflicifi conferuan chiufe 5 egli per tanto non vorrà trarfifuori del ben di [e fleJfo,per communicarfi co’l mal del G e nero.Quanto poi alPonteficey conuengo,efuppògo a neh’io, che co’l coflume dtTPredeceJJbrifiagelofo della Citta di Ferrara5 ma fe non e lagelofia,fe non vnfofpetto, che altri vengano à rapir il proprio, come potrà Siflo dubitar in quefia occajione della Republica ? E gli,che,pregato da noi/interpofe alla pace conErcole,e ne fu tato da quellofprezzato,sà meglio ancora di ogn’altro,quato sforzata cifia quejlaguerra.Sà,eh’Ercole cihà of fefij,Sà,che negando a’fuoi officij,bà voluto perfeuerar’adoffenderci^ Sà,che,fe mai fofs imo flati ambitiofì della Città di F errar a,non(à-refsimo ricorfì a lutane meno ad E re ole fieffo,per toglierci da noi mede fimi l’occ afone,e’lprete fi o-^Sà infomma,che chi vuol’armi no cerca quiete. Nemico dunque Napoli] nemica in ogni modo Fiorenza* neutrale Milano, collegato HPapa^gli altri Prencipi minori,ò che fiaranno à vedere,ò che con laftejfà ragione oppofla,gittadofialpar-t ito miglior e,(ìgitt er anno per (lima à noi, per veneratione al Póte-fice.Refta il Tureo à poderarjiper vltimo. Dirò prima,preflatifsimi Padri, che non deu'ejfer quefto p enferò della fola Repub lic a. E' in-tereffe comune * e principalmente di F erdinando,efpofto di (lato, recent emente colpitola riflnngendoci nelnojlro folo mteref]'c, aggiu-gerò,che no ferue àguardarfi dagl’ impeti Ottomani, ne viltà, ne de-iettione di cuore. Se ci vedrano coloro à pauentar le off'efe d’vn picciolo Prencipe,tanto più ce lofarann'efsi con l’immenfa tor forza.Vi vuol front e, non fuga,per fermar quella feroce natione. Conuien’in ogni modo, chepnma,chefimuoua l’imperatore de’TurchiJmpera-tor’eglifia-fi he fi decida prima da’ gradi e fere iti,chi de’ due frate Ili iBaiazet,ò Zifimo, contendenti la Corona del Padre, habbia à vincer la. Neffuno d’e(si,(in che nò impugna lo Scettro,potrallo fcuotere. Sarebbe quejlopiù tojloiltepoa fperarfi,che l’Italia nellaThracia andafje ,c he dubitar, che la Tbraci a in Italia ve nifi e, quàdo le maf-Jijne della Republicapietofe poteffero trouar’aperto l'orecchio Chri-jtiano,quafi femprefin’bora otturatole. Non fi tardi più dunque,intatto Senato. La voflr a grandezza, fe anco dubitaffe di generai’ commotionein It ah a,no deue offender.fidafe medefiwa. Chifòppor-ta le ingiurie, per conferuarfila quiete ,preftoperde l’otiofo diletto. Troppo à caro prezzo lo comprerefsimo , comperandolo con IJ11 esborfo #