704 DE’ FATTI VENETI. ilo, fé non chiamate5 egli rimaflo nella pugna vccifo, nè potè chiamarle , nè menette andaronui. Alti accidenti $ graui diiconci, ciafcun per fé fletto badante à dar piega in gran battaglia, quaibilancia ad ogn’ aura 5 e pur neiTuno ancorché graue de’ fopradetti forfè non hauereÉbe alterate le cote,te non foprauueniane vn’altro più che mortale à ilrappar ^ . dalle mani dell’ar mi Venete la più bella vittoria,che foise occorfà tra Ca-d?ffoìdati pi mai. Fù la rapace ingordigia militare, che hàdiuorato in tante oc-veneti, cafìoni le più illuilri glorie. Hauea già il Marchete nel diuifar le militie ordinato a’ Cauai leggieri Italiani : e Greci, ch’egli motto, s’incaminaf fero anch’eifi alla imiftra di vn Monte vicino5 vrtaisero dietro alle fpalle lofquadronedelRè, e lo cogliefsero, e conquafsafsero per mezzo. Conuien dirli, che farebbe fiata migliorili quel calò l’inobbedienza. tanto è difficile Pindouinar ne’ conflitti. Pontuali obbedirono, valenti entrarono 5 ma colà ofseruato il ricco Regio bagaglio, più flimaroru suaiigiano loro, che la vittoria 5 vi fi fcagliarono fopra $ tagliarono à pezzi le guar-¿e*$aglio die, e valorote le delire loro à rapire, non più à ferire, donarono, per togliere a’Francefi, il più pretiofo theforo deglihuomini. Continuò la battaglia, e il macello grand’hora, e poterono i noilri per tutto quello fpatio,non folo fermarii nemico efercito : ma, com’è detto, in gran parte vincerlo. Alla fine i combattenti, icarfeggiati, fé non di vaio re,di numero,nè mai rinforzati dagli altri,che ò ritrovò timidi tempre fi rattennero lontani;fòli,e fianchi mancò loro la Iena di più impedita’ nemici Pinuo-1 Trance# larfi fuori della pugna, e trami in fàluo anco la perfòna intricataui del fltrasgoL Rè medefimo. Perche tanto più ciò auuenitte, crebbe ad eifi quel, cho fuori. à noi mancò. Molte nouelle Compagnie fopraggiunter loro, e quelle £ fe ne va- poterono,aggiunte,conuertire in ritirata la fuga,già tolta. Così trattiiì li no. Francefidi mezzo,e pattati,terminò la famofà giornata del Tarojatroce, per Poftinato, e pertinace combattere di chi combattè > pe’l numero, e qualità de’ feriti, e de’ morti, e per le confeguenze altiifime , che vna^ generale vittoria,ò perdita, hauerebbe ad ogn’vna delle parti prodotto. Vrmen °dc' » Può dirli, tenza diuario. Mille, e cinquecento in circa de’ noilri Vcmi!U macaronui, òc vna gran portione miteraméte eflinta fuori del conflitto, qual trattafià rapinare, e qual vagante. Vi perirono di fòggetti cofpi-sozgetti cui, oltre Ridolfo Gonzaga, Ranuccio Farnete, fratei Cugino di Alef-mancati ri- fàndro, che fù poi Paolo Terzo Pontefice, Dodici Condottieri di Ca-guardeuoh. Lialleria $ Quattro Capitani di Fanti à piedi, e più della metà della Compagnia fioritiilìma dello fletto Marchete. De’nemici ne morirono più numero, c my|e} e crà i più fegnalati, il Capitano della guardia del Rè 5 quello Sei rel de’BaleftrieriàCauallo?-'ilgranMinifralco, & altri dieci Capitani di fìatiuì. nome. Il Baflardo di Borbon, che occupaua il primo luogo appretto la Maeflà fùa, rimate grauemente ferito. Caderono prigioni due Fran-cefi di qualità riguardeuole,* Il Cappellanodel Rè,con molti d*piùj e de’ noilri non ne reflò, che vn iòlo in mano a ’nemici. Ritornò il Marche- fe,co’