i cío muo LIBRO SETTIMO. 137 conièruar’il Greco fangue 5 che abbandonano la propria per la libertà di coloro 5 che vi poipongono la caufà di Dio , ièntono à imputarli, nel punto medeiìmo, che trouanfi à iòlleuar Coftantinopoli dagli incendi] , di traditori incendiari]. Iiàacio, ch’era iòlo rimafto in Città, mancò in quel punto, accuorato, di vita 5 Et Aleifio il figlio abbandonò al f**a0 primo auuifò le ben’incominciate imprefe lontane, ^ per accorrerai. Trouòall’arriuo con iòmmo dolore ipirato il Padre, e il Throno fcon^^jj®™* uolto j AiTeiòui,procurò acquietarne il iùiTurro,e tentato fòura tutto di nopoii. far creder falfa,6c ingiufta l’imputatione del fuoco,a’ Collegati addoilà-ta, foise, ò perche la ragione haueiTe portanza vna volta difìiperaro l’iniquità, ò pur’vn’inuaìiò timore ne’ Greci dello fdegno Latino per l’impoftura inuentata, egli potè ottenerne l’intento, e godè diha-uer’in pochi giorni reftituita Coftantinopoli alla auiete, & apparen- vi acqueta temente veftitala di buona intentione. Troppo allhora facilmente fill tumuho • credè il Giouine fortunato per vn folo fauor di fortuna. Stimò quello il tempo, e ftimollo per fìia gran fciagura, di iòdisfar’il già promeiTo a’ PrencipÌ5 incauto, inuero,à nondiicernere quanto iia male invn-Prencipe nuouo aggrauar’i iudditi di eftraordinarie angarie, quando iperano dall’ordinarie follieuo. Impofe vna compartita grauezza, o cìiiTegnò con ella, e con altro ritrouatodenaro di fupplirne albifo- Impone ag-gno. Vafta Città, popolata di confiifione, vacillante, variabile, tor-rida, poco fedele di fùa natura, facilmente alle voci prime de’coman- Collegati. dati grauami cominciò contra il 2,iou inetta Imperatore à con torcer- . l''* T'1 A 1 . 1 1*1 1* \ • y COllClYltl?lO- li. ru la colpa contra lui , leggerezza di poca età, con cui sera pou t,mui-fpenfieratamente obbligato di contribuir’à Collegati il più pretioio ***** • del publico Erario, e le più vitali foftanze de’ Popoli, per tanto tempo anguftiati. Indi prendendo piede il tumulto, e diuenuto in poc’hore vna generale iòlleuatione, ei fi vide tolto à gran furia dal Throno, ^ ,lcrn dc nel tempo, ed impeto fteifo, vn tal Nicolò Canabò di conditione pri- poflo,&- af-IUta (benche recalcitraife col douuto rifpetto verfò ilfuo legittimoi*”*® N'ff- v* 1 • \ r ai rr 1 N 1 * r lo Cundbo • oignore) ìnnalzatoui a forza. Aleilio con la Corona, e lenza, può dirli, in vn punto, non sà più da qual parte viuere, non che regnare. Và meditando ripiego : ma doue, e come può hauerlo in Città, quafi tutta, folleuatagli contro ? L’vnico iùo rifugio fù il folito a’ Prencipi, pur ancor in ilio fauor trattenuti. Pensò d’introdurgli furtiuamente in Co- ... n • r 1 r r Taifadin- itantinopoli 5 Ma giouinento, lolo, lenza forze, e con tremante con- trodur' in figlio non hauendo ardir di rifòluerfi, fi pofe in braccio di vn ino fui-feerato, ed obbligato amico di nome Marzuflo, ò Mirtillo, che il Padre,trà i didimamente fauoriti,hauea da vile, & abietta origine tratto, e iolleuato à ftimatiffimo grado di Protoueftiario. Partecipato à coftui dal troppo ^ credulo caduto Imperatore il iègreto, fegli na/cer iubito nel cuore, in vece di gratitudine, e di lealtà, maggiormente obbligata. Mirtillo *. à chi di tutto fi fida, elato, e iniquo affètto di porre àie la Corona sù 10 K S capo5