LIBRO SECONDO. 3? libertà, non acquiftò, chelaDalmatia, preièmata al Greco Impera- -tore; hora non ria marauiglia, ie per la fteiTa Grecia, e per poter dir d’hauer combattute, e d’hauer vinte le più barbare Nationi del mondo , disfa i Saraceni, e la palma di sì bella vittoria pur non pianta in altro terreno, che nella iterile fibbia de' fixoi proprij lidi. Richiederla^ S2§ il merito d’hauer’in ièruigio del Cielo diffipata, e (cacciata d’Italia la_ più iniqua gente, vn’acquiilo incorruttibile di gratia Celefle ; troppo fragili eiTendo per guiderdone d opera cotanto pia iDominij de gli flati mondani, giornalmente caduchi. Permifè Dio per gran fatto, che, nel tempo fteiTo della detta eftirpatione,veniife il corpo dell’ Euangelifta San Marco iagacemente rapito con furto fanto dalle mani del Rè de’ Saraceni medefìmi in AleiTandria, Città d’Egitto, da-lui dominata. Furon due Marinari, Fvno da Malamocco, da Torcel- lo l’altro, che, approdati colà per accidente, l’inuolarono da vn Tena- Ì)io, e che ficuro, &: illeio, nel mezzo d’infiniti pericoli, quiui tratto, o coniègnarono inuolto in vna viliilìma fporta alla Publica Maeftà. Riuerita niente meno la diuinità del corpo, che il miracolo della con- corpo dì s. dotta, fù fubito acclamato il Santo dal Gouerno, e dal popolo per Pro-tettor Tutelare della República. Si ipiegò allhora il Veffillo delglo-rioio Leone, e fi è tenuto, e venerato mai ièmpre in qualità di ri-compenfa pietofi di Dio, che fi degnò di torre à barbari, e dar'alla- >0 Trotet. República vn tanto theforo in confermatione delle iùe perpetue affi-tore' ftenze. Erafi Obelerio, già Doge, dopo la morte, che ièguì di Pipino, ritirato nell’Ifola di Veglia, c (èco infierne molto numero di ieditiofi ad-herenti. Confpirauacoflui ancora (nulla compunto dalla bruttata- mfefliten-confcienza, nè atterrito, ò documentato da gli ftrani accidenti, e dal tempo)àritornaresforzatamente alla Patria, e rinucftiriì del Manto Doge. Ducale. Haueua in Malamocco mo&altri fuoi antichi fattionarij, che corrifpondeuanlo d’intelligenza, e fauore , & andauan fufei-tandoà Venetiale commotioni, elefiamme. Auuertitone il Doge 830. Giouanni Participatio, fucceduto poco prima al fratello Giuftiniano defonto, conobbe, cheàianar’vncorpograuemente infermo, con-uenia ricorrere in primo luogo à prefèruar’il cuor’aifalito, & à recider iènza pietà le membra corrotte. Con figgia feuerità rimediò àgl’in-teftiniciuilimalori, eàtroncar Malamocco, membro infetto, co’i ferro, e col fuoco. Ciò adempito, montò in periona ioura Pannata-, 9‘0Ufmj * ^ 1 .* 1 /Y' i* * • xTi* /-v 1 i • ) _ Varticipa- e circuì d vn duro ailedio per ogni canto Veglia. Obelerio pur entro- tio Doge ui dimorante, non manco di quella diffèfa, sforzata in chi reo d’enor-me delitto, ha diiperato il perciono. Datogli nondimeno il Dose viil general’aííalto 5 eipugnò la Città; tagliò à pezzi, iènza ri/èrua il prelì-dio; Obelerio, preio viuo, non richiedendoperic/ìniiuratcdelin-quenze miiura di limitato fiipplicio, laiciò, che foiTe furio fame nce E sbra-