LIBRO DECIMO OTTAVO. 409 pronta à dargli ogni lecita fodisfattione. Andaronefli ; Inconfonan-za degli ordini efficacemente ftrinièro Tefpofitioni, e gli offici]15 Dallo voci in riipoila, e da lettere icritte da lui al Senato, non potè dimoftrar piùpropenià la iua volontà veriò quefti pij defidcrij 5 ma nello ilei- Doppijtrat fo tempo tutto differente, e contrario ne’ fatti, andò più, che più mo- tmmi di leilando, & offendendo Fiorenza. Fatta in tal guiia come v n giuoco ^ la República di quegli fprezzi, proièguì iè.co nondimeno ancorcrcon dolci,& miìeme indolenti preghiere,perche in fine iè ne auuedeffe. Ma, com’egli nulla ceffaua dall’armi, così men ceilauano gli Ambaiciatori indoien^ Fiorentini,qui tuttauia permanenti,di eiàggerar contra lui. Eiciamaua- d/^™F¡o no fino al Cielo il vilipendio euidente^e proteilauano con gli argomen- renani. ti dell’opere, giàriiòluto colui à ipogliar tutti di tutto , e cimentar ben preilo il Sourano. Accertata in fine la Republica, non più dallo parole degli auueriàrij, ma dalle procedure peffime del medefimo Viiconti, che tal’era pur troppo il ilio rapace penfìero, mandogli di nuo-uo A mbaíciatore Andrea Mocenigo. Aquello s’impoièro gli ordini Ntmuo jim più iènfitiui degli altri 5 Prima d’indurlo al bene con le amoreuoli infi- ba^ci^’al nuationi, ancor praticatej poi vedendolo perfiftente nel male, elio l' lJi0,L,‘ manifeitar gli doueffe l’acerbità, neceffiriain vnPrencipe, malcor-riípoílo negli vii íteííi di vna cordiale beniuolenza. Moilrò il Duca à queilenuoue parlate, edà tali punture, di icuoterfi vn poco, non pero co’l deporre Tarmi, nè i iiioi elati dilegui ; ma con addurre alla Republica mendicate ragioni, per giuítificarríe lemoffe, ed eicuiàrno Cerca vu. ildiipregio. Fece in oltre vn paffo, debitore di fado affai prima, qu ì Jhficar/ì co mandandoanch egli AmbaiciatoreGiouanni Aretino. Vditolo i Se- ™al¡a ¿ natori, parue lor bene di compiacere alTinilanza fatta, edalui, e da-netta vn' gli altri conforme, di poter tutti rappreièntar in vn giorno le proprio ^¡^aa‘ ragioni. Furono i Fiorentini li primi introdotti. Parlò il Ridolfi, o ponderò con grande oratione à fauor del iuo calò, tutto ciò, che pp-teuaeicogitar’vn’ingegno acuto, e dir’vna lingua eloquente, contra, le forme infidioiè auueriàrie. L’Aretino all’incontro pur confrafe, e°iH virtù niente meno efficace, contro d’effi acerbamente inuehì, e per lo hl0ì cntim * predato iòccorfo a’ Genouefi in offefa del fuo Signore, e per la furtiua. £ dei mila-maniera, con cui fi erano impoffeffati di Liuorno 5 pruoua infallibilo nt^e% delle iòmminiilrate affiftenze j E cagione legittima di rifponder’ hoililmente à chi haueua hoililmente trattato 5 Cercò, per facilitar Tacceffo inqueil’animi, di apririèlo con l’antica corrifpondenza di quella Caia, e quella Republica, e con ciò, e co’l di più, che infinuò di oiìeruanza, e di affètto perpetuo, ignorantemente preteie poter pervadere alla Veneta iàpienza, che non foffe aggrauio laiciar’vnire ìil, vn Prencipe iolo Italiano tutti gli altri della Prouincia, e ritornarla negli vii antichi tiranni. Differii onfi le riipoile a’Fiorentini, e dieron-iì alTOrator Milaneiè, con altra miffionc à Filippo di Paolo Cor- Fff naro,