34 DE FATTI VENETI. che lo fri sbranato. Ma non vi ha forza, ò virtù, che fermar pofTa i siri vicende- de, e-piene V i- li i r ' _ vccifo, uoli di quella ruota, che fempre e vagante. Quand’è Obelerio diflrutto, e morto ; Quando fi credono à Ve-netia iòpite le domeniche diffenfioni, fpunta vn Idra, che più, ch’è tronca di tefle, altre più ne moltiplica di venenofe, e mortali. Si diui-ggT" fèfo in ¿trioni le più potenti famiglie, conriuolutioni, homicidij, c ilragi, e ponendo in forfè la libertà foflenuta contro a’ nemici, parea^ condannata la Città àfèuerocafligo, di torlafi da fé medefima. Scop-pionne principalmente il nembo contrailDoge Participatio. Fù arre flato da gli Equiliani nella Chieià di San Pietro, e relegato in Grado, veiliu uifi Monaco 5 cadendo in Pietro Tradonico la fucceffìua elettio-Tìetro Tra ne. Quefl’alte fiamme, che incendiauano di dentro, feruiron per man-donìcoDo. tj[ce ac| accenderne di fuori, e fpecialmente ne5 popoli Narentani, di peflima natura, e di rapace talento. Furon cofloro chiamati col no-826. me di Schiaui, ò Slaui, ed è opinione, che fcaturiffero anch’effi da quel freddo Settentrione, che tant’altre barbareNationi feminòperlepiù montani belle Part* ^ mondo. Certo è, che habitando Narenta, e diftùfi nell’ tnjcfli. Illirico, infeflando i mari, e di rapina viuendo, rinforzarono, per cagione delle dette ferpenti difeordie, graui gl’infùlti contra i nauilij Ve-neti di mercantia. Pietro Doge, ancorché impedito, e tormentato da gl’interni mali, differir non potè à miglior, e più fàcile opportunità l ’ardor concitato. Egli fi traile fuori alla vendetta in perfòna,con quella poc’armata, che gli fù permeila in tante diiùnioni d Vnir’infieme, > e confidò à ragione la vittoria, el disfacimento ficuro de" ladroni nel valor di quell armi, che non fàpeuan’ancora delle perdite qualfoife il dolore. Ma 1’auuenimento infelice di quella moiTa, fù auuertimento iàlubre, che non può il forte far più eguale, ò fùperiore l’inferiore à iè Kompono r fleffo, che miiùrandolo con poca flima. Fù Tarmata Veneta mala-m?*** Ve' mente trattata da’ Narentani. Fuggì loro Tradonico à gran fatica ; e toccò in quel conflitto à gente furtiua, e difperfa, ioprafar quel valore, che s’era per auanti fùperiore dimoflrato à fronte di potentiffimi Impe-$ 44- xi • Quello difconcioalla Republica, aggiunto all’offefe graui, che ancor continuauafi à le ilefTadomeiliche,poriè ardimento à Saraceni di penetrar nuouamente in Italia, quella volta con altretanto noflro dan-. , no, quanto dianzi gloriofimente refpinti. Rimeffi coloro dalle prime Saraceni di e> r r tJIIOIiO DLj> perdite invn gran corpo dannata, nella Mauritania raccolto, icor-itaiia. ferola Sicilia, elaPuglia con incendij crudeli ; e Sabà Capitano, per colpir maggiormente nell’interno, sbarcò parte de’foldati à Ciuita-$4 echeggi a Vecchia; Penetrò di là fino à Roma ,-iàccheggiò empiamente il belliP h01'9>m ' fimo Vaticano, e fulminaua di più, fé il timor miortogli delTarmi Fran-cefi nella Gallia Ciiàlpina, implorate da Gregorio Pontefice, non trat-tenealo ; Ma fé in terra fi trattenne, non così fece in Mare il Barbaro # Montò sù Tarmata carico di gran fpoglie pretiofe , e, continuando l’in. _ juafio- -