16 DE’ FATTI VENETI. che fi moueffe à contrattarli alcuno, altretanto vniti, ben’armati, e vinco ni- rifoMti di vincere, i rifpinfero, e rinuerfàrono ; iòura i corpi morti, e uénm. caduti calcaron la flrada 5 prefero à forza la Città ; vi vccifèro Perendio 726 tra vnnumero immenfò5 feron prigione Ildebrando5 e’1 Doge,elio nera flato il Capo, e il Direttore, fé ne ritornò alla Patria, trionfando del Prencipe captiuo, e della gloria, rifuonante per tutto con trombe, &acclamationi feflcrfè. Attendeua il Mondo dalRèLuitprando, nel più eleuato della Corona, e nel più viuo dell’affetto colpito, rifènti-mento pari alla grauità dell’infùlto, e alla barbarie del genio : ma con-tra l’efpettationediuerfificòda feileifo, e fi refe à marauiglia fleilìbile , Louzobardi vece d’impugnar l’armi, fi difpofè à negotiarne la pace, non fi fèppe s> fé più ipinto dalla ragione, dal timore, ò dalla tenerezza verfò il Nipote. Dolcemente accordoifi in iòmma, e invn iòlo fi contentò di re-flringer’i Capitoli; che fù di reilituirgli liberamenteiprigioni. Così terminò la Republica quella guerra 5 diede incremento alla Chiefa. ; aflicurò la Città ; reflitui al Greco Impero il perduto : e con queflo he-roico fine principiò le glorie de’fuoi Dogi, ioura l’armate perfònal-mente imperanti. Ringratiolla il Pontefice con liete lagrime, e co-piofe benedizioni 5 ed e forza dire, che, fe quelle d’vn padre poffedo-110 dal Cielo virtù di profperar per fèmpre il figliuolo, quelle, chefu-ron difpenfàte dalla mano non meno paterna, che di vn Vice Dio, immortalarono guidamente le felicità, che già gode al Mondo, durabili foura ogn altra, quella Republica. Doueafi dall’obligato Impero attendere in ricompenfà dimoflrationi Reali verfò Venetia, Madro di tanto parto, ed egualmente verfò il Pontefice, Padre amorofò , che con la Santità del zelo , e degli offici lo hauea concepito. Ma in quel modo appunto , che vna pianta di mal’humore , coltiuatà con fludio, e fatica, più ch’abbonda di frutti, è copiofà di trilla, foT/cote naercede > cosl Leone Imperatore felli guflariui à poco niente meno Zgi-aroT al Pontefice amari, che alla Republica ingrati. Molti de' fùoi prede-eeffori, tolti già con diabolici penfieri dalla Chiefà Cattolica Romana , s’erano rilaffatamente abbandonati più volte à vite, e collumi he-reticali, dannatilfimi 5 e deteflabile, ed abhorrito fòura ogn’altro ap-preffo il Mondo Chriflianoviuendo allhora il nome del già Imperatore Collante, fia lecito, che non tranicorriamo del tutto la iùabarbarie. Hauea pretefo fin l’empio, trà l’altre innumerabili fceleratezze, cho lo fleffo Pontefice Martino Primo, allentir douelTeà falfi dogmi 5 o perche negoglielo, fello arreltarinRoma, condurlo in catene à Co-flantinopoli, e quiuigli tolfela vita. Natagli poi occafione di paffar’in Italia per combatter’i Longobardi, tanto hauea rinegata la Fede, che, lafciati in buona pace gli acerrimi nemici, tutte riuolfe le hoflilità con-traRoma; fpogliolla delle colè pretiofèjvi commife prauità efecran-de ; nè potè Dio {offerirlo, poiché ritornando à Coftantinopoli coll- ii furto