?i8 DE’FATTI VENETI. bere , ne darfi à bere tutto in vnforfo. Deue prender fi, e communio ar fi à poco, àpoco, perche ancor à poco à poco vadainfenfibil-mente operanda. In vna volta, nè la noflra delicatezza potria digerirlo, ne la vigorofa di Francefco vorrebbe riceuerlo. Sento per me, che vadafi à parte àparte fcemando, e diuidendo a colui con le militie ilpotere 5 hor fotto colore di voler diuider in più corpi le forze; hor di munir’i Prefidijper qualche bifogno 5 hor del Verno,che chiami li foldati a' quartieri $ Così egli indebolendoji, fen-za auuederfene,noi auuedutamente ci rinfrancheremo$ Così rinfrancati potremo far tefia,perchec’inchini la fua. Così leueremo a' nemici la confidenza, che tengono più nelle no ¡Ir e, che nettarmi loro j e così ritratti finalmente in libertà, ctiè la beatitudine di que-fio mondo, goderemo in ogni modo, e in guerra, e in pace dieffer Prencipi, ò vincendo, òperdendo, òpofando. In caio di così difficile quadratura concorlèro tutti nella propoli tione dilcorlà, e con ordine, Ricamare con opere conlònanti principiarono à dar effetto, e fperanza di con-aiio s/br^afecutionealdeliberatoconfiglio. Ma ogni picciol ombra è gran cor-Uuargli ’il P° aM’occhi° aperto.Poco flette Francelco nelle prime olferuationi à ri-potcrc. leuarne il miltero. Ad ogni fmembramento di forze commeffegli ad-twic duceua,invece d’obbedire, contrarie ragioni ; Più perfiftentelo troua-*,& Tagl'uano repliche,quanto più,inlòlpettito le n’era. Vide alla fine troppo ordini notu difficile à poter più ingannar lènza fede » E grandliuomo, à cui l’acuto obbediente. . _ _ x1 • r * r r> . . . ingegno e materia, e rorma per improntar monete di nuoui partiti,Iti-nifoiue co mò quello di riconfeder lì con Ja República il migliore. Preuedeua CT,; però molt’arduo il condurui la Veneta prudenza 5 e lè difficile èlfarlo ca. apprelTo triuiale capacità, vna volta Ichernita, quant’egli doueua più. apprenderne nella maturità di quello Senato,da effo più fiate e Icherni-to, e tradito ? Effendo à lui nondimeno lùperiore di forze la República , fperolla non tanto guardinga, e gelofa,quant erano i Milane!!, che per la loro inferiore non poteuan ricalcitrar’al fuo arbitrio. Tro-uauafi allhora Hermolao Donato nel Cartello di Cremona prigione, e T*Sm*à feco infierne ClementeTealdino, fuo fegretario, ch’era confidente venena à d’vn tal’Angelo Simonetta. Scelfè quelli per mezzo /fé