LIBRO VINTESIMOQVINTO. maggiormente il rifchio, e mandò Ifmaele, per ¡sfuggirlo, à parlamene farne la refi, con le fleíTeconditionidi Secchino,iàtiiolui ,e faluala. gente. Vi acconfèntì il Generale, e contentatofidi farne lacquiflo iènza íangue, e fènza pericolo, mantenne i patti accordati 5 vi vfciro- ^nt0 Cori-no i Turchi, & egli entrouui, e confègnò per feconda gloria delibimi Venete,Coricoetiandio al fuo legittimo Prencipe Caramano. Rima-nea di compimento perfettoSeleucia, Gran Città in altri tempii lum yàfottosc* gi per cinque miglia da’lidi 5 eretta da Seleuco, raccontato trai fùccef ***««• fori di Aleühndro Magno 5 e deformata allhoradi dentro perii fuperbi antichi precipitati edifitij, confèruauafi di fuori per anco bella, & adornata di forti maificcie muraglie. Hefèmbego, Greco rinegato ilio Comandante, comehauealadianzidifefi, forfè ancordifendeala ò cimentauafi almeno, co’l proprio cuore, e con le militie, che fèco tenea, fe non atterriuafi alle/èmpio dell' altre due. Appreiè il concetto publicato del valor Venetiano, e fenza di attendere pur’vn tiro, fè fortir dalla Città, con preuia frachigia, vn fuo mefTo,che alle medefime conditioni dell’altre al General’eshibilla. Hauea già iTurchi prefa . queirvfò di arrenderli, e il Mocenigo di accettamela refa. Accettò e la fren-Seleucia con lordine fteíTo, e parimenti con la fteffa difintereifata ma- de * niera reflitul al Caramano pur’effa, rincoronando quegli del Prencipa-to, e la fua Patria di gloria. Lo ringratiò Caffambegh * e benche nulla in fè riteneifedi debito non proteftato, nè pur a ftifficienza dirgli potè, tropp’alto il merito di redimito Dominio, e poca mercede vil» fempliceringratiamento. Parendo però, che quelle gratie, che per la loro grandezza non han prezzo retributiiio, più fi appaghino di vn pic-ciol legno, che di vn gran dono pretefò bailante, donò egli al Gene-ral Mocenigo vn Leopardo, & vn fuperbo Corfiero, tutto addobbato di fornimenti d’argento, che cortefemente aggradì, e poco dapoi, prefonecongedo, e rimontato foural’Armata, fi difcoflò da que’Lidi. Era il fuo penfiero di poggiar nella Licia, Prouincia dallanni fuc n7udfiu non per anco tocca j ma nel punto, che vi fi accinfe, fu affai ito.da im- cuida. portante auuifo, che Giacomo Lufignano, Rè diCipro, caduto infer- Giacomoiu mo,fè ne giaceffe in gran dubbio di vita. Femmina la Reina,fenza con- fistiano T\è figlio, e priua di fufficiente aiTìflenza, temè à ragione di molefli traua- %p$°!tt' gli in quel Regno, fèguendone la morte. Riuolfèper tantoàquella General ?,1(t voi tale prore, eprefoPortoinFamagofta, dou’erailRè , e frollatolo in flato di gran pericolo, benche da’legni citeriori non tanto vicino à mancare, procurò confolarlo di buona fperanza 5 Ma quegli, che ne fèntiuagli aggrauij interni, tormentaua molto tra le alflittioni del male , e morendo, tra i rifleflì pungentiffimi del fùo Dominio. Mancaua fenzaheredi5 lafeiaua grauida la Reina,* eperigliofo, e fòggetto il Parto, quandanco maicolino, à grandi contingenze, raccomando da a galeón tenere lagrime al patrocinio di queflo Senato il Parto íteíío, il Re- lcaa Ffff gno’e