LIBRO VNDECIMO. *2.9 in difefa delicióla, qualche Galea. Saputoiì di qua Tardi mento, vi fu. fìibito eipedito Nicolò Priuli con molte fhilitie. Quelli, giunto in. Regno, coniìgliò iòpra il fatto col Zeno del partito migliore ; fc cTvfar’ immediate la forza, ò pur temporeggiando, di iòpraftare. Ambi elei-fero più fàggiamente il fecondo, che è vn veneno à tempo, da cui non hanno an tìdoto per preferuariì i ribelli 5 conYanco ièguì. Andarono al Calergi di giorno in giorno fcemando per Timpatienza i ieguaci 5 Et ei, sforzato, pregò il perdono-, promettendoli altretanto fedele. Furono troppo facili à credergli quei publici Rapprefentanti 5 non raccordandoli , che la neceifità muoue la lingua, non cangia l’animo, e che po-tea la debolezza mutar il Calergi di faccia, non già di liuore. Se no auuideroben toilocon Teiperienza. Già conceduto gli haueano il fàluo condotto, e già trattauano iìnceramente la iuaremiflione, quando più che mai lo ¿.operièro traditore. Haueua nel tempo ltcìTò procurato dlniligar Smeriglio Coila, di prauo genio pari al ìlio , che iolle-uaile di concerto i Popoli, principalmente cíi Candia, contra la Publica Rappreientanza. Queila replicata infamia, che troncaua ogni fpe-ranzadi rauuedimento leale, fè peniar a quei due Capitani di deluder anch'eifi Tarte con Tarte. Si liniero inicienti delTiniquo trattato. Seppero far crederai Calergi, la iùa infedeltà, non fcoperta ; e così arreila- Mior , tolo, e così conuinto, ne pagò il fio col ìli policio, e morto lui tut- pita, e Lccn ti gli altri del ièguito cailigaronfi con generale diigombramento, e ^liefàuò' macello , conlèraandofi Tliòla poi lungamente diuota. Quelle tumul- morire. tuationi frequenti di Candia, veniuan ben sì da vn ièditioiò genio di aítn&aí quella gente 5 ma le porgeuan'anco grand anfìa le Turchelche Armate, quietato u checominciauano in que' tempi à icorrere d’intorno i mari, à pertur- , 1, K - - > t r . . . * r amente. bar 1 Arcipelago, e a tener in continua contingenza gli Stati. Orean Rè Secondo, figlio d’Ottomano, fuperati come fi toccò in, generale, i due fratelli, e fatta tutta fua la Corona del Padre, s’era, tra Paltre Imprelè deicritte, impadronito della Lidia, e Cappodocia, e con Trogrcjjì d' la rotta di grand efercito Greco, fatto formidabile ad ogni Nationo. o7tomanT. Così predominanti in terra le Turche forze,già diftendeuanfi ad oltraggiar etian dio con maritime Armate, e già icorgeafi da quelle prime ceneri, elf eran fulmini prodigiofi quelTarmi. Fùla República prima, dogn’altro Potentato Chriiliano à penfàrui. Mandò al Pontefice Giouanni XXII., in Auignone ancora, &: à Filippo Seilo Rè di Francia, Filippo Belegno, Biagio Zeno, ritornato di Candia, e Marin Morofi- E/pedijcc^ ni Ambaiciatori. Efpofer eglino 5 Le perdite Chrijhane $ le Greche ruine ¡ l Ottomane infefiat lenti la necefsita deirimedto, e l’onta tcficc, & de Prencipi^che, dopo perduti tutti ifanti luoghi, giàdono]amen-te ac quifiati, lafciauano venir giù à feconda del Tidediterr aneoì poruft. de II Egeo, e deli Arcipelago , que’ communi nemici, à reflringer l’Italia in vn breue, ed affé di ato ricinto. Fece il Pontefice à cotanta im-