Zìi DE FATTI VENETI. KerfZ.J no à vedere 5 Che non era il precipitio paffo prudente^ Che lo fpin-per uau} - ¿entr0 itnemiCo } per douer fieguitarlo, era vn farfi carnefici di fie medefimi¡ Che quand’anche hauefife l'vna República potuto fiperar di fuperar la nemica, qualvant aggio frapporfi dalla già caduta allavicina a cadere ? Qual differenzia dalla feconda alla prima ruma ,fe douean ben prefio ritrouarfiamendue in vnfiol corpo , e ruínate, e difirutte ? Riuennero con tali euidenze in iè fteffo j * fi dierono alla ragione il ìlio luogo 5 mitigarono le acerbità 5 e itabiliron-C i'; 00 À per all hora alla quiete. Potè però gocler Genoua, non queita Patria., 3 il refpiro. Se riprefe lo ipjrito da vn’efterna pace, interna infiamma-tioneraifalì conformilo pericolo di iè medefima. Compoíli i corpi delle Republiche, come gli humani, di varij humori, e perciò facili ancor eili a corromperfi, auuenne così della Veneta. Era ogn’anno eletto il Configlio Maggiore, Capo in ogni tempo ili premo della República, al numero di quattrocento. Deilinauanfi dodici, dueperognvno de’Tei Seilieri di Venetia? eifi deputauano ad arbitrio quattro de’più qualificati foggetti, due di qua, e due di là del Cariale 5 e queliti nel numero prefiifo antedetto, haueano difpotica l’autorità di eleggerne iioggetti. Aniìoiò con gran zelo il Doge Graden igo , ed altri Primati, di perpetuarlo in vn fangue nobile, epurifi-seirato n cato, propoièro, efù preio il Decreto,* Che fceìtifi tutti quelli che ™ovjìgUo e ranUi ftat igl’