8oé DE’ FATTI VENETI.
Li^tpubu. citta Francefei Che nè meno vedeane toc cafone allhora, che ì do/. tempi ftrani, e i trattagli lunghi, e continui non l’efortauano à moltiplicar fieli dafe medefìma^ e che non potè a, neper genio, nè per cojiitutione , fe non bramar la quiete, e la pace à tutti gli amia. Ora venuto il Francefe, il Gouerno più, che mai trouan-dofì nelle flefTe moleflie immeriò, trattollo del pari allo Spagnuolo. e parime». La negatiua datafi al primo, tanto più neceflìtò di darli etiamdio al fe-tìeo'i Fra- condo. Siatteflòvnottima difpofìtione5 Si toccaron lepruoue au-c'ie' tenticate Tempre di grande offeruanza verio la Chriflianiffima Corona 5 mafìconchiufè,ch’erainflatoall’horala Patria d’indagar fol-lieuo dagli antichi, non di cercarlo da nuoui accrefciuti traua-' g^
           StaualaRepublica, ilauano le due Corone, e flaua l’Italia trà quelle graui emergenze, torbide difpofìtioni, e fànguinofi aipettijquando peruennero dal Segretario Frefco in Coilantinopoli, in vece di pa-Vfdà etce » mortali annuntij di guerra . Si era dianzi dimoilrato propeniò al fiantinopoii bene Baiazet per timore delParmi moflegli contro dal già detto Pren-f cria pace. cjpe Armeno.Dapoi occorfogli di accordar co quello per certo tempo vna tregua, al cader di quel penfiero gl’infòrfe l’altro, già mitigato contra Venetia. Alzò ne maneggi le Tue pretenfioni j e come prima^ parea inclinato à condefcendere à termini giudi, così proteilò poi di cfcludere qualunque partito di pace, fé inetta non comprendeafi la wide?Sa»™ reftitutione di San ta Maura, toltagli da quefl’armi nell’vltime Impre-Maura re. fé. Vdirono i Senatori moleilamente la nouella pretenfìone, e fu lo-fluuita. ro j-nolefto altretanto il digerirne il Configlio. Gli animi grandi più ripugnando à cedere, più che vi fono coilretti,tali fi trouarono quei de’ Veneti auerfi trà quelle duriifìme coilitutioni. Finalmente dopo ha-m accinsi uermolto fluttuato in combattute confulte, vi fù chi preteiè fgrauar-firui. iène, e fù detto che in foilantiofà ragione parlaife così. Quefto, oratiov<Ljpireftantifsimi Padri, è’I Venetiano Senato, che ha faputo in fenhefidia qualunque ofeura, e procellofa tempejla non perder mai l’in-‘lapacel^ dirigo, e La ragion delle ¡Ielle. Sua fifa Tramontana la gratta Diurna, bene he tante volte affai ito da gran turbini, e vicino àromperfitràdurefirti, ha con gli occhi ad alto aizzati, fiempre veduto, etrouato il Cielo fua pietofifsima ficorta. Parrebbe al pre/ente, invero,che cavitando dall’Inferno le Ottomane pretensioni ., quafi che abbandonato ilpatrocinio Cele fi e ci hauejje. M.a l’afpettodeICielo non è come quello degli huomini. Egli, quando appunto fidimojtra in vn fembiante d’ira, vuol’efifer di pace . Nlandaper vifita di bene i franagli5 e benchepari, c’ hora tocchi lenoftre piaghe profonde con troppo rigore, è qual Medico, che più fan a quanto più incrude hfic e a ferire. Forfè, che,per ridurre in confiftente falute quefio noftro infermo Corpo, vedendo membro
infetto