37Q DE’ FATTI VENETI. J . , tofo verfo Guglielmo dalla Scala, vno de' figli del morto Antonio, di-iniqua0 dei inorante ancora in quefla Città • Scelfè, per imbeuer'il Giouine di dol-CVTÌCì ce ^Peranza di racquiftar Verona, la morte fucceduta in quel tempo di feffjfipdi Giouan Galeazzo, Signor di Milano, che haueala già dalle mani del Parer««. dre rapita, ed allettollo con larga'eshibitione di tutto il potere in aiuto. Non mai difficile , che prendala natura quel cibo, che da fe flefTa appetire, e fpecialmente il iòauiffimo dei Dominio, tanto più appetillo Guglielmo, che ancor’hauealo guflato • Aprì le labraal portogli dal Carrarefe. Andò incontro alla propenfione già dichiarata da’ Verone-ii verfo il nome Scaligero. Abbracciò la congiuntura facile de figli pupilli , Iaiciati da Giouan Galeazzo iòtto la femplice tutela delia madre, Guglielmo ineiperta femina 3 e così fauorito da tanti propiti j inilromenti,ed aififti-mmjSrlto a CLltto tranfito dal Carrarefe medefimo,gli riufeì di entrar’inVerona, nijce. e di riaifumer fenza fangue la padronanza. Ma fù corto il iùo bene, e tanto corto, quanto è corto, e fallace Tempre il fomminiftrato da mano fofpetta. Che poteua fperar l’innocente Guglielmo di affètto fincero inFrancefcoydiicendente da vn fangue,anticamente nemico,ed emulo della fua Cafa, e figlio di vn Padre, flato l’autoreà far togliere al fùo dal Viiconti la fleila Città? Per medicar forfè il fallo, e l’errore Paterno? Non già; poiché d’ordinario nò fi danno tali commo rioni trà Prencipi. Per timor forfè, che Guglielmo vn giorno poteffe rifèntirfène contro di effo ?nè quello meno, mentre ipogliato di tutto, e ridotto in Vene-tiaàmenar'vna vita priuata,. e difficile, nonjafciauagli dubbio d'am-mafTamenti d'efèrciti > Fù però preflo à far vedere Francefco, ch’altro moffo non hauea, che fine iniquo d'iniquo intereffe. Entrò queirinfelice appena Signor di Verona, che fecelo priuar barbaramente di vi-occupataJ ta, e in vece delle Infegne, poco dianzi alzate del pouero interfetto, refe ^ed ve. inondata la Città della propria militia, e fpiegateui le fue, v'introduiTe, cìjoui cn- e publicouuifourano Giacomo Carrarefe, fuo figlio. NauleoiTi ogn' ghcimo. vno a]penorme delitto ; e più d'ogni altro Prencipe la Republica, che non folo da quell’atto perfido conobbe il genio dell’huomo 5 ma fi era> tal’ancor egli contro di lei manifestato più volte di propria bocca, rammemorando in familiari difeorfi la mano da effo preflata alla ruina del Padre, e proteflandone vendetta vn giorno. Fù perciò attratta da’pro-prij intereffi à ben fifTarfi ofTeruatrice de' flioi andamenti 5 E iùegliando gli fpiriti à profondar nel più recondito di quegli oggetti, le forti pur troppo il rincontro d'indubitabili peffime pruouein diicernere, quan-%ftZicvito na difficile à cancellar dagli animi pi ani co' fecondi, benche rileuan-Carrare/e ti benefici;, la memoria delle ofièfè riceuute primiere. Si hebbero qui nemico. fondate relationi dagli ileffi fuoi Confidenti divn'animo imperuefiato, e fludiofò à gran danni. Per più conualidata certezza capitarono in mano lettere di fuo proprio pugno fcritte al defon to Viicon ti con., ordimenti crudeli.; e per terza indubitabile verità, e per terza violenza divn