265 udxxxii, Invidar et credendo i fosseno sta invidati, nè 1’ uno né l’altro l’invidono, et di questo il podestà ne ebbe dolor grandissimo, che habbiando fatto la spexa non fosse cui la galdesse, tamen soa magni-fìcentia disse che la sera el refaria el danno. Hor andati a tavola el pasto fo beatissimo, che eramo da zerca 100. Poi disnar havessemo Zan Polo con la sua compagnia de buffoni, con diverse sue fantasie, poi vene uno cbe saltava et fece cose grande, poi queste (re cortesane che ballavano, zoè la Carpesana et la Ferrarese et una altra le qual è slà menade a posta da Venetia. In questo mezo el fo mandà a invidar le donne tutte de la terra a la festa el a cena, el ne vene da 50 done di la terra tulle ben in ordine, dove i se messeno a baiar. Alle 20 hore i deteno principio a dar la colatici), la qual fo in questo modo : Fo mandato per 12 zenlilhomeni di la lerra, ai qual fo comesso dovesseno trovar 16 servidori per uno che fono al numero 192, a li qual zenlilhomeni li fo consignà pezi 24 d’arzenti per uno fornidi con le sue confezion dentro, el cadauno di questi zenlilhomeni haveano vestali li soi servitori differentiadi una compagnia di l’altra, tulli con abili differentiadi, di qual feno la sua mostra con li presenti attorno la piaza, et poi vene in palazo con trombette di galìa sotil, trombe et pifari, violoni, tamburi et con Irar arleliarie in piaza, che certo fo un bellissimo et superbo veder. Finita di dar la colazione, se miseno a ballar, si le dille cortesane, come le done da bene, tutta fiada separata-mente fin ora de cena. Io veni via et veni a caxa per esser straco dal caldo et mezo storno di tanto ballar, et restò a cena done 70 contade fra le nostre e di la terra, et poi zentilhomeni el altri, alla summa di 200 persone, per quanto ho inleso. Poi cenado i se messeno a ballar et per alcuni gioti fo un poco di romor di arme, sichè zerca a Ire ore di notte fo finido la festa. Questa inlrada, che è stata bellissima, ha dà che dir a tutta questa terra, che mai sia slà rellor abbia fatto quello che ha fallo questo, e cadaun conclude in do zorni Phabbi spexo quello P avadagnerà in la milade del rezì-mento. Altro per questo non mi accade scriver eie. Excellentissima et gloriosissima Signoria nostra de Venelia, padre di orfani, porto di quelli che sono perseguitati da la fortuna, presidio et difensor di tutto il mondo, noi humili monachi quali se esercitano ne la sacra habitation di Slrivali, pregamo Iddio sinceramente che la noslra humil lettera ve atlrovi in sanila et alegreza grande, vui maggio. 266 picoli el grandi, magistrati el privati, cum tutto lo exercilo et populo vostro, nui humili et poveri non cessamo di et notte di pregar per vui sempre et in ogni loco, perchè nui non havemo altra speranza salvo prima in Dio et secondariamente in la vostra Signoria, et vi pregamo per la miseration de Dio che habbiate compassion de nui elne mandiate, come avete ciò fallo etiam altre fiate, tavole, travi, armi, archibusi et due falconeli con le sue rote piccole che traza ballote di ferro di grandeza come pomi et polvere, el una barca de pedola picola de passa cinque per che la lerra se ha sfeso da li terremoti. Et havendo nui minalo parte de dilla torre, P acconceremo. Noi volevamo mandar de lì uno, over do Calogeri, ma adesso per le paure non po-demo. Ne ha dato lo excellentissimo proveditor del Zante do soldati et facemo guardia di et notte, et advisemo la guardia del Zante et pregemo lo excellentissimo Duce et tutto il Collegio, che’l consti-tuissa do governadori a nui de la caxa Loredana, come era per avanti, et è questo monasterio et edificio special et proprio de San Marco et alzale gli ochi quando intrale per le porte di San Marco, a dextris, vederete comeé depento et scritto de musaico inaurato, dimandate, constaterò de iuslitia, et pregamo haver risposta mollo celere; comandate a Decadio et Scocivera che ne scrivano. A dì 29 aprii 1532. Soloscritla : El prior de Strivali Daniel monaco sacerdote, et Calisto vicario, quanto al mondo Paradiso. Miracolo di San Marco. Vi sia noto, illustrissima Signoria de Veniliani, quando ab inilio venetiani lolseno San Marco de Alexandria, lo messeno in un maran, quale venendo se alrovò con un gran caligo sopra li Strivali et vene a investirli, et cridò il provier : lerra. El con miracolo San Marco levatosi sensibilmente tene el limon et investì la isola, quale partita in do parie, la nave passò, et sorse stagando lì cinque giorni. Et gionta narrò il miracolo, et la Signoria mandò ad edificar el monasterio, et ordinò che’l fusse depento in musaico come vui intro per le ornate porte a dextris, dove sopra sfanno li cavalli d’ero, et cussi sono i Strivali proprii, propria et peculiar fabricalion de San Marco, et pregemo et