263 MDXXXII, MAGGIO. 264 questa quadragesima passata essendo sia tocco per molti predicatori sopra il caso del matrimonio pur 102* accennando tutte le loro conclusioni al favor della reina, questi del re hanno persuaso Sua Maestà per non lassar questa impressione nella mente delli po-puli ad far predicar in contrario. Et così in questi giorni passati, essendo dà questo carico ad un confessor del re, et predicando in presenlia del suo re et Consiglio et di tutta la Corte, et deducendo il disegno a buon proposito, entrò in questo ragionamento, et cominciò a voler confutar le ragioni allegate da li altri in favor de la reina. Et mentre che’l si affaticava per imprimer la sua oppinione ne gli astanti, si levò intrepidamente un fraticello di San Francesco et cominciò ad opponetegli con tanto animo et si gagliarde ragioni che tutto l’uditorio restò attonito et stupefallo. Finalmente fu imposto silentio a F uno et l’altro et citalo questo frale di comparir nauti il Regio Cons:glio. Quello che poi sia successo, ancor non se intende. 103 Summario di una lettera di sier Lunardo Dolfin qu. sier Vettor, da Trevixo, di 21 mago 1532, scritta a sier Zuan Antonio Dandolo qu. sier Francesco. Scrive la in-trada di sier Jacomo Dolfin fatto podestà et capitanio di Treviso. Per esser stato in continui solazi et piaceri, avanti hora non ho potuto scriver. Hora vi aviso, come domenica 20 de F instante a hora di terza andassemo a San Segondo, dove era F ordine nostro di atrovarsi, dove era il magnifico podestà, vestito con uno robon di veludo cremexin alto e basso fodrato di raso cremexin con una bareta in capo a la francese di veludo negro, con do soi servitori vestiti di calzoni et zuponi di cremexin a la livrea Dolfina, li qual etiam li scusò per slafieri. Se aldi messa lì a San Segondo con trombe et pif-fari et quelli diti violini che sonano a le noze. Mon-tassemo poi in barca, erarno da zerca 40 barche, et venissemo a Margera, dove lì Irovassemo cavalli et carote in suficientia per tutti. Montado el magnifico podestà a cavallo con zerea 25 cavalli dezenti-Ihomeni etzerca 14 in 15 carele de zentilhomeni et zentildone, venissemo di longo a Maroco a cha’ Tiepolo, dov’ è una bellissima caxa et palazo ; et lì era apparechiato per 250 persone ; fra le altre el ne era una tavola a la qual fono contadi 108 persone, poi una mililia de cavalieri, slafieri el servidori, sonadori et alcuni zentilhomeni da Treviso venuti incontra ; et per tutto il cortivo erano tavole dove li servitori manzavano senza contar una infinità de villani per li qual erano mastelli de vin, che tutti bevevano al suo piazer. El pasto fo con quella sontuosità eh’è possibile. Al qual pasto havessemo trombe e piffari e quelli de le viole, Zan Polo et 4 altri buffoni che ne deva spasso grandissimo. Poi disnado vene do cortesane famoxe a baiar, che è la Carpexana et la Ferrarexe che di ballar feze mira-bilia. Poi queste vene uno allro a saltar, che si portò benissimo, poi le done nostre si miseno a baiar, el tra queste 4 sono le più belle donne de Veniexia, quella Grazimana, Zane sua cugnada mo-ier di Polo Trun et simile. Da poi balado fin alle 18 bore montassemo a cavallo et in caretta, et cussi come andavano avanti per ogni hostaria el ne erano suxo la strada mastelli de vin, con dar da bever a cui ne voleva, et quanto andavemo avanti da ogni banda ne azonzeva persone a pè et a cavallo. Et tre mia longi da la terra ne incontrò messer Domenego da Mosto retor vechio, cum li tre avogadori extraordinari, con (anta e tanta polvere e caldo che qua'che volta non se vedevemo 1’ un F allro et non se eognosceva né il Podestà, nè ninno de nui se eravamo veslidi de berelin o de rosso. Et cussi tutti venessemo dentro la terra. Secondo a! solito se andò al domo, poi si vene a palazo. Io vini a caxa mia a mudarmi, che (ulto era polvere. Ilo inteso i feze una bella cena e baiar poi cena, ma la brigata era sì straca dii caldo e polvere, che puochi si curò di veder la festa. El luni da mattina andassemo a palazo a levar il magnifico podestà, el qual se vestite con una vesta de veludo cremexin alto e basso, et nui altri zentilhomeni vestiti lutti di seda, el se accompagnassemo uno de nui da Venetia con uno citadin da Trevixo. Eramo nui da Venetia da 50 zentilhomeni tra quelli venuti con il podestà et altri venuti da sé al solazo, et tra li altri ne era tre stati podestà di qui zoè messer Alvise Bragadin, messer Priamo da Leze el messer Marco Znntani et il podestà : che certo a tutti parse da novo veder 4 polestadi a un tratto. Itilornadi da messa, venuti in loza, lì fo recità una oration, poi venissemo in palazo di la Raxon, che é il palazo 103* dove attorno attorno erano preparade tavole con una credenziera in 10 gradi, dove era più di 800 pezi de argento, el tulli pezi grossi. Le tavole preparade con la roba per più di 300 persone, tamen non se attrovassemo salvo che da persone zerca 100 ; erano li do terzi de le (avole vacue. Et questo fo che abbiando dà il cargo a più persone de