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MCCCCClll, OTTOBRE.
    miano, pregando si scrivesse al nostro orator in Pranza; e cussi si farà. Item, poi fé lezer surnarii di lettere di 22 et 25 di Milan di monsignor di Chiamon governador, eh’è nepote dii Cardinal Roan, qual li scrive : « La Signoria fa tutto che Roan non sia papa, e non doveria v.Item, ogni dì el nostro orator a Roma è con quello di Spagna. Poi disse aver inteso da uno merchadante li à ditto, che udì la sera a la loza do vechii, di quelli vien in Pregadi, dir la Signoria fa ogni cossa per bonificharsi Ascanio con nui, e che sia papa etc. E a questo il Colegio si la rise, dicendoli Ascanio zercha ben di farsi papa, come si ha di Roma, et è nostro inimicissimo, e Dio volesse il re mai l’havesse lassato andar. Poi il principe justilìchò la Signoria di la bona mente, et che si atendesse a li
110	effecti, dicendoli che a Lion uno gran homo apresso il roy havia ditto al nostro orator : « El re non sarà contento, nè vi soporlcrà che fogliati niun stato in Romagna di man dii Valentin etc. ». Et esso orator si meravigliò, pregando si li dicesse l’homo etc.; et sopra questo fono assa’ eoloquii. Si parli satisfato, e scriverla al roy.
        Vune l’orator di Spagna; con belli motivi pregò la Signoria volesse lassar la compagnia dii signor Bortolo d’Alviano, perchè andasse in favor di soi reali. Et il principe rispose lassasse far a nui, che le operation nostre erano bone. E l’orator disse una cossa intervenuta in Granata. Fo alcuni mori che prese una mojer di uno cristian, e volendola menar via, el cristian li disse: « Mpro, dame mia mojer et ti darò 1000 ducati ». Et il moro disse: « Non vojo; ne vojo più ». E lui disse: « Moro, non andar via, tuo’ li 1000 ducati, che, poi partido e passato la montagna con mia mojer, che più non la veda, non ti darò un duellato ». Sichè cussi sarà, che quando li soi reali non liarà bisogno di la compagnia la Signoria la vorà dar, e lui non haverà gracia. E mostrò una lettera di 24 li scrivea di Roma l’Alviano sopra questa materia.
        Vene il secretano dii signor Pandolfo di Rimano, Opizo da Ravena, con una lettera dii signor li advi-sava che a di 29 la matina, domenega, el signor era intrato in la rocha etc. Et il principe disse li piaceva perché era reputato lìol nostro carissimo, ma dovesse ben ahimadvertir di manlenirsi in stato. E sopra questo disse alcune parole tacite quasi dicat, si lui si voi mantegnir in stato, si acordi con la Signoria nostra. Et esso secretano disse, il ■signor la terra e rocha è al comando nostro.
       Fo expedito la comissión di Zuan Piero Stella secretano nostro per Colegio. Va al ducha di Urbin
generai etc. ut in ea; si li dà ducali 100, qual va per Rimano, e dirà alcune cosse a quel signor.
   IH Ravena di 29, liore 9 di note. Come per un’ altro messo dii ducha di Urbin, et per il signor ■ Carlo fradello dii signor Pandolfo, intese che la ro-clia di Rimano si havia reso al ditto signor per me-zanità di Zanzes era castellan in Pexaro; el qual signor Carlo andava a Bologna. TJnde mandono subito a dir a domino Zuan Paulo Manfron, Iacomafco da Veniexia e Zuan Griego non mandasseno più li cavali lizieri per la scorta. Item, quel secretario di Urbin li disse che Montefìor, Santo Archanzolo e Ve-ruchio, volendo la Signoria nostra averli, ge li da: ria etc., e di zio aspectano risposta ; e. che Cesena li havia promesso lino a sabato non li far novità, e volendo la Signoria, el faria etc. e li bastava 1’ animo meterla solo el dominio nostro.
    Et per Colegio li lo scritto dovesseno tuor Santo Archanzolo et Veruchio. Item, perchè in' Russi è gran quantità di grani, che vedino destro modo persuader a quelli, che, valendo ben come el vai qui,
10	mandino a vender eie. È da saper come in le lettere di Ravena è un capitolo, che par che Ilironimo Bariselo era venuto lì per nome dii signor di Rimano, a dir che ’l signor havia inteso di zente etc., e si la Signoria voleva la terra e lui, tutto era nostro. 1
   Di Zara, di sier Piero Sagredo conte c sier Bortolo Marin capitanio, di 19 octubrio. E mandano una lettera abuta di Scardona, di do oratori dii re di Hongaria venuti lì per veder di refar
11	danni fati a quelli di Traù etc. II nome di oratori è domino Piero Berislao e Mathio Iurisich etc. ut in litteris, e però avisano perchè la Signoria comandi quanto habino a far. Èt fono chiamati domino lacomo de Andreis et Ilironimo Cypico oratori di Traù, e impostoli statini scriveno a Traù mandi homini experti, acciò li sia refali di danni etc.; et fo etiam scripto per Colegio in bona forma a Zara e Traù.
    IH Spalato, dii conte, di 8 octubrio. Dii zon-zer a dì 2 lì di sier Ilironimo Zorzi sopracomilo governador dii collo, con uno biegantino patron Francesco ditto Franeho da Corphù, homo di malia conditimi e fama, el qual asaltò a la porta di la marina missier Bortolo Casigliano e li dè 4 ferite mortai, utpatetin litteris. Lui fè ogni provision, e persuase il governador a mandarghe tal homo, e tamen fin hora nulla à fato. E spazò il suo cavalier a Liesna, ma el non capilo lì ; à formalo processò e Io chiama-rà ; voria libertà poder etc. ; questo ha tenuto ubertosi i lochi di la Signoria. Item, come le saline è in