145 MDXX1II, OTTOBRE. 146 pagnie de fantarie francese, crede siano cernede. 1-tem, che quelli de Milano tirano con le artellarie che sono sopra quelli cavalieri; ma poleno far poco danno a francesi, perchè sono Iroppo sotto a là cita. Item, che epso exercito è alloghilo tulio in campagna con Irabache, paviglioni, alozamenti falli de tavole el alcuni de paglia, con cave assae sodo terra, aziò quelli de la cilù non li possano nocere. El dice, interrogato, che epso exercito è allogialo in loco molto basso, et che leme le aque, et quando piovesse niente de superfluo seria impossibele li potesseno habitare, e che al presente li sono assai bene dii fango, et quando piove se reparano meglio che poleno alti alozamenti con strami et de sopra cover-zeno con paglie, el seria impossibile se potesseno invernar in quelli loci, per rispello che sono solto-posti tanto a le aque et non potriano mai cavar lo artellarie de lì se lo occoresse il bisogno. Item, dice che heri intrò in Milano, et viste nel Domo le bandiere tolte per spagnoli a francesi. Item, ohe ha inteso che il signor Prospero stava meglio, et se diceva stava assai bene senza periculo. Item, che a 80 ‘ Milano heri mancò alquanto el pane a le bolege, et questo sa perchè, essendo lui in caxa del signor Za-nin de Medici, el suo maestro de caxa mandò a luor un scudo de pan el non ne potè haver solum mczo. Item, che sono sta fati assaissimi molini da man in Milano, et ancora masenano cum molini da acqua nel borgo del Lazarelo dentro et di fora de la terra, perchè francesi non li hanno lollo quelle acque. I-tem, che ha visto el signor Hiroimno Moron dal quale fu menato per quelli de la porta quando intrò in Milano; et dice che sua signoria sta bene et che era in corte di la excellenlia dii signor Duca, et che li dimandò dove veniva, et lui dicendoli che era spia di rettori di Bergamo, li disse « Kecomandame a sue magnificenlie » admonendolo che de caetero, quando l’andasse in simel loci volesse parlar con sua signoria, over con qualche altro, perchè sono assai che fanno le spie dopie. Fo ledo una deposilion di uno di le Sarze, sta per mezo san Salvador, parli da Lion a dì « d.l presente. Dice il Re era lì, et che ’1 feva forlilichar Lion; ma rion-con quella celerità che ’1 feva da prima. Et che se dicea che ’1 duca de Barbon era in la Franca Contea con poche zenle, perchè non li he-sendo successo quello tralato l’havia ordinato con-tra il re di Pranza, li lanzinech venuti a questo effeclo erano ritornati a caxa ; con altri avisi, ut in litteris. La qual deposilion fo mandata a la Signoria per li reclori di Brexa. I Dtarli di M. Sanuto. — Tom. XXXV. Fu posto, per li Consieri el sier Bernardo Ve-nier Cao di XL viceconsier, una taia a Seravaie per la morte fata proditoriamente de Zuan Antonio Cason, videlicet ponerli in bando, vivi lire 500, morti 300. — 166, 1, 4. Fu posto, per li Savii, una lettera al provedador Emo in campo, laudando la opinion dii Governador nostro di levarsi dii brexan et passar Oio el andar alozar verso Roman, et. persuaderli a far questo effeto, et mandino li cavalli lizieri verso il monte di Brianza, e ne piace il marchexe di Mantova vadi a Pavia eie. Presa di lutto il Consejo. 154, 26, 3. Fu preso, per li ditti, condor a nostri stipendi! domino Alberto di Scoli fo lìol dii’ conte Nicolò, piasentin fidelissimo nostro, qual insieme con il conte Paris ha la mila di la fiera di Crema, eie. et provision, videlicet preso che '1 habbi 50 honiìni d’arme in bianco quando parerà a questo Consejo; el qual se ritrova al presente in questa terra el è richo. Et fu preso di lutto in Consejo. Da poi sier Michiel Barbarigo venuto zà mexi .... capitanio di Je galìe di lìaruto, andò in renga e referì; insta il consueto, di le Ire cosse, obedien- tia, loci devedadi, et......Poi disse che l’era slà imputato di aver porla il morbo in questa terra, et si iustiiìcò benissimo, dicendo che quel Damian Cigola, che fo quello lo purlò a Corfù la note essendo slà devedado il praticar e comprar robe di una nave de.....era lì amorbata, andò e robò certe schiavine, qual zonlo in questa terra si aniorbò lui e caxa sua, et per lui vene gran scaudolo e quasi tutto el morbo seguite. El che sier Alvise Marzello qu. sier Piero, che morì in galìa, morite da mal franzoso; è vero che di tanta puza dii so slramazo li nobeli volseno ehe ’1 fusse bulà in mar, offerendosi satisfar quello el valeva, e cussi l'ò butato. E disse altre parole; sichè fece bona renga, e laudò il •suo patron sier Marco Antonio Zen qu. sier Alvise, l’altro sier Marco Balbi di sier Alvise morite in viazo. Da poi vene sier Zuan Moro qu. sier Lunardo, venuto zà mexi 5 capitanio di le galìe di Alexandria, et disse gran mal di soi patroni sier Velor di Garzoni et sier Ilironimo Zane, videlicet di la poca obedienlia li hanno portato, el volendo justa la sua commission veder il libro de patroni per li pasa-zieri levadi, mai è slà ordine I' habbi potuto veder, narrando le parole che il Garzoni li rispondeva, facendo beffe di lui, et che la sua galìa era sta mal tenuta et si trovò aver solum pan per do zorui in galìa; con altre opposition, ite. 10