481 MDXXIII, SETTEMBRE. 482 de quali meritava questa medesima dignità; ma cia-schuno 1’ ha più tosto voluta a si degno et a sì glorioso huomo conferire che per sé ritenerla. 0 sum-ma prudenti» et inaudita bontà ! la quale darà perpetuo esempio a lutti i gioveni, che debiano abra-ziare le virlù et exponere la robba et la vita per la patria loro, da poi che questo è il mezo et la via de acquistare il sommo grado, zioè il principato di essa. Hora essendo esso principato, come ogniuno confessa, il maggiore et più honorato de tulli quanti i beni Immani et divini, quale oratore, quale historico o qual poela potria degnamente laudare colui, che lobbia cosi honoratissimamente la più honorata cosa del mondo aquistata ? Certo niuno, et io meno gli altri, il quale, oltra la deboleza de l’inzegno et la tenuità del’eloquientia, sono anchora da la imposta brevità impedito ; ma ben le sue laude però risonerano per le lingue de tutti le genti, et reslerano vive ne i pedi et ne la memoria de tutti i seculi. Essendo adunque nui, per la clementia de lo Onnipotente Idio, et per la 259* prudentia de questo inclito Senato sotto sì degno et glorioso principe ridotti, si ritroviamo di nuova et inestimabile consolatone ripieni, di maniera che ne la nostra cita ogni grado et ogni sexo ha mostrato di ciò incredibile alegreza. Talché ad alcuni parea de haver visto assai essendo pervenuti a tanto bene; altri diceano, che hora era tempo di vivere aparechiandosi cosi felice seculo, il quale, avegnacheper molte conie-cture si possa comprendere che 'I sarà tranquillissimo et quasi seculo aureo, pur tra le altre a me ne paiono due essere le principali : l’una de le quali si è che ritrovandosi in Vinegia et quasi in tutta Italia grandissima carestia di fromenti, come fu creato questo Serenissimo Principe subitamente, sì per la autorità del nome di Sua Serenità et si per la diligentia et Divina Providenlia, di quella tanta abondanlia ne divenne, quanta per grandissima fertilità di biade et per longa pace apena se sarebbe potuta sperare ; l’altra è 1’ honorevolissimo apontamento, pace et accordio che novamente si è facto con la Cesarea Maestà, il quale, non solamente sarà stabilimento et recuperatione del primiero stato et de la solita autorità di questa gloriosa Republica, ma ancora parlu-rirà quiete et tranquilità a tutti subditi di quella: che invero la iustitia, la abondanlia et la pace sono il fondamento et le collone de la felicità de i populi. Et però, non tanto si dee reputare beata Sua Serenità per essere sì gloriosamente ascesa a| principato, quanto noi altri si" devemo ¡stimare felici, i quali siamo per dover esser governali da sì buono et sì excellente Principe. Nè credo che senza inspirazione divina in tutte le città suggelte a questo Illustrissimo Stado,et più ne la nostra, siano state le case, le chie-xe, le strade et le piaze tutte piene di persone allegre et per tale eledione festevoli et gioconde, perciò che ogniuno divinava che questo Sanctissimo Principe dovesse essere compositore de la quiete loro et ristoratore dei danni et fondator de la salute 260 de Italia. Et per tanto non mi estenderò altramente in narar la notissima et smisurata nostra alegrezza ; nè anche mi afaticherò molto in racomandare a Sua Serenità la cità nostra per le passale guerre et per le presente discordie civile travagliata et aftlieta, perciò eh’ io penso doverli essere cara et racoman-data, sì per la infallibile bontà di Sua Serenità, come etiamdio per la qualità del paese et territorio che habbiamo, il quale, essendo con le spalle appogiato a le alpe che parton la Alemagna de la Italia, et ha-vendo dal destro fianco il fiume nuovo et dal sinistro la Brenta, et nel mezo il Bachagione, il Ketrone, l’Agno, l’Astigo, l’Astigello, la Tesina, il Cerisone et altri bellissimi lìumicelli, et havendo i piani suoi piantati di morari, di vigne et de ogni generazione de frucliferi arbori, et i colli parimenti abondanti di olivi et di altri electissimi fructi, et essendo in esso vene copiose di finissimi argenti et durissimi marmi et saldissimi legnami per fabricare, et optime lane et sete per vestire, come si può ¡stimare che non debbia essere carissimo a Sua Serenità, et che la non debbia havere grandissima cura di lui, et rassettare tutte le discordie che sono in esso, maximamente essendo egli, come per ogniuno si dice, il giardino et l’ orto di questa cità, et cognoscendosi anchora la inviolata fede, il sviscerato amore, et la somma devotione degli habitatori di esso verso questo Illustrissimo Stado? Pure, se bene non bisogna, non resterò an-chor io, secondo l’ordine consueto, di racomandare humelmente a Vostra Serenità la cità et territorio nostro insieme con gli habitatori di essi, i quali lutti pregeremo l’altissimo Dio, Che per l’infinita sua misericordia et bontà si degni primamente di conservare et sempre di bene in meglio augumentare questo gloriosissimo Stado, et di poi concedere lon-gissima et prosperosissima et felicissima vita a Vostra Serenità, et noi ancora perpetuamente mantenere con pace et tranquillità sotto l’ombra et governo di questa divina Republica. FINE DEL TOMO TRIGESIMOQUARTO / Ditrii di M. Sanuto. — Tom. XXXIV. 31