209 MDXXIH, Malhio Dandolo di sier Marco dolor cl cavalier, uno di oratori; li seeretarij Nicolò Sagudino el Daniel di Lodovici con li capelani venivano drieto a li oratori. Tulli erano benissimo in hordine di ca-valchature come de vestimenti. Poi venivano 10 slafieri di oratori, dui per uno, veslidi di seda con le sue livree ; poi li oratori, il Dandolo in mezo dii maestro di casa dii Papa el uno altro di la fameia dii Papa auditor di camera ; poi il Gradendo con un gran prelato, et cussi li altri ; poi sequivano gran numero di prelati e corlesani. Et ussiti dii giardino, veneli conira la mula di uno cardinale con la lameglia sua, e uno d’essi fece le parole, e il Dandolo rispose sì a lui come a lutti li altri di cardinali, che molti ne erano su quelli prati che expectavano, in tulo di 28 cardinali. El a chi parlava latine, che molli ne furono, rispondeva latine, a chi parlava vulgar, vulvare, el sempre variamente con grandissima sua laude. Et a cavalchardiece passa si slava una bora grossa, et li principal di loro nontii di cardinali rimanevano adrielo, e il resto di la fameglia con la mula se ne andavano avanti secondo l’bordine suo. Vene conira, sì ne la caxa di Inora come per camino molli a iti bassi a tori, Ira i qual quello di lo Illustrissimo infante arciducha di Austria, dii serenissimo re di Hongaria, Ferara, Siena, Luca eie. Pocho fuor (ti la terra, vene incontra luta la guarda de li cavali li-zieri benissimo in ordine, capitano di essa uno spagnolo homo di gran conto, era sopra uno bellissimo gianeto bardo pomado guarnito di veludo negro embrochalo di oro, con una robba indosso di raso lanè fodrala di bellissimi gibelini, et da poi fate alcune parole, pinse la guardia inanzi a tulli che erano avanti zoè immediate drieto ai inulti, el restò lui con il maestro di le cerimonie immediate avanti 1’ ora-tor Dandolo. Erano pocho inaliti a lui molli signori romaneschi, il forzo di loro Ursini, li quali poi 114 usale alcune parole se aconzorno nel bordine de li altri con grande demoslralione di amore, come si di la propria natione fosseno siati, et cussi hanno continualo tal officio fin sleleno in Roma. Et [tessendo per intrare in Roma, vene conira la guardia di sguizari 300, per quanto dicono, tutti vestili d’una livrea biancha, verde et giala, con un mirabil ordine di ordinanza, gente fiorila et di extrema bellezza, li quali pinseno tulli inanzi et volseno loro tulli stare inanzi agli slafieri immediate, con dir che la giornata era sua e quello era il suo loco per honor suo - cridando sollo voce: Viva Marcho! Et cussi inlro-rono in Roma, et si ben è gran camino dalla porta allo alogiamenlo depulalo, li cariaggi giongevano i Diarii di il. Sanuto. — Tua. XXXIV. MAGGIO. ' 210 nella corle et li Oratori erano a la porla di Roma. Fo exlimà fusse di certo più di 2000 cavalli, perchè la loro expeclatione in Roma era grandissima, et per ogniuno 15 giorni avanti se ne parlava. Nel castello, sotto il quale passono, andò il Papa et aconziosì ad alcune finestre coperte di gelosie per vederli, alle da terra come li balconi di una corle; nè per principe sia venuto il Papa si à mosso di le stantie sue per vederlo; si che à dalo gran favore a nostri, et à dalo mollo clic dire in honor di la Signoria per tulla Roma. E il giorno sequente entro-rono li oratori fiorentini, qual fu assà bella, ma il Papa non si mosse. Ilor apresenlati li Oratori al castello, fu sbarata lanla arlellaria da esso castello per meza bora continua che parca che ’1 mondo venisse a terra. El zonli allo allogamento in Monte Giordano, in corle dii qual trovoiio tutti li muli acouzi 1’ uno apresso l’allro a torno a torno la coi te, ancor carichi et coperti, che feva un bel veder; la qual corle ha do porle, cussi come se entrava per una si continuava ussir per l’altra. Zonlì li Oratori si afiìrmorono sopra le mule a piè di le scale, ringratiando ognuno si come passavano dinanzi, e durò ijueslo passar una bona bora ; poi smonlono et monlorono il palalio lutto fornito di bellissimi razi da travi fino in terra, con festoni el arme di oratori et San Marchi. Era il palazo grande et hoiiorevele, el in esso alogiavauo in una parte il Dandolo, da 1’ altro capo il Justiniano, a basso apresso uno bellissimo giardino il Pexaro, in una caxa contigua in la qual si andava senza smontar scale allogiava il Mocenigo, cl in un’ altra contigua a quella il Foseari; a le qual tulle caxe una sola corte grande et bonorilìcha serve. E qui si riposorono dal Mercore che gionseno> per lino il Luni, che fo a dì 20, senza ussir di caxa, exceplo il Dandolo che li fu forzo andare incognito a cena dal reverendissimo Cornelio suo nepole. Et sier Malhio Dandolo il Sabato andò a la cazia con diio Cornelio, et pigliono uno cervo, uno capriol el uno lepore. 11 Cardinal era sopra uno cavai gianeto bardo mollo bello el hoiiorevele, di uno perfetissimo andare, guarnito di corame nero, e havia in dosso una veste ere-spada da prete curia di scadalo ugnola, e in testa, sopra la sua bareta un capello spagnolo di tanè scuro, guarnito di fiochi di seta nera et di veluto; c andono a la cazia fuora di Roma per miglia 12. Erano zercha 100 cavalli, perchè quando el va a la caza, molli nobilissimi romani lo sequeno, et altri corlesani che se ne diletano. Eravi missier Scraphica fu favorito di pa[>a Leone, mollo mesto el pensivo. El il Cardinal mandò da 8 muli carichi di rete, le qual 114» U